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Non ho i dati di incasso ma dal passaparola cittadino e dal periodo di permanenza nelle sale penso di poter ipotizzare un successo non proprio clamoroso dell’ultimo lavoro di Gabriele Salvatores, ulteriore conferma alla regola per cui successo e qualità non sempre vanno di pari passo. Intendiamoci, resto sempre dell’idea che il cinema sia arte “popolare” per sua stessa genesi ed essenza e quindi debba essere destinato ad un pubblico tanto più vasto quanto possibile, ma il successo, nell’era del “prodotto”, dipende da tutta una serie di altri fattori, rispetto alla qualità, fra cui spicca l’organizzazione di una mirata campagna di promozione, che non si limiti alla ormai insufficiente cartellonistica stradale. Questa campagna, per quanto riguarda ‘Quo vadis, baby?’, non c’è stata: qualche annuncio sulle riviste specializzate, qualche accenno in trasmissioni di nicchia e poi mega cartelloni pubblicitari, peraltro molto belli, anche se poco evocativi dei contenuti del film… - un piede di donna in primo piano, fasciato da una calza velata ed infilato in una scarpa con maxi tacco a spillo ed un misterioso ed allusivo rivolo di sangue – ma comunque sufficienti a mobilitare solo un pubblico motivato, categoria alla quale sento di appartenere anch’io (anche se ancora mi domando se mi abbia motivato più il tacco a spillo o la filmografia di Salvatores…). Teoria del marketing cinematografico a parte, il film merita di essere visto, la storia si dipana senza frenesie ma con un ritmo narrativo incalzante, il colpo di scena finale, anticipato da altri classici colpi di scena “esca”, comunque sorprende e gratifica lo spettatore con la sua accuratezza formale: una TV accesa, in campo buio, a svelare un retroscena sino a quel momento inseguito dalla protagonista, alle prese con il suo passato e, in fin dei conti, soprattutto con il suo presente, fatto di persone che in quel passato hanno perso qualcosa. La trovata dei video clip, per raccontare brandelli di quel passato, che ha il volto e la voce, intensi, della sorella della protagonista, risulta veramente vincente: non stanca mai, anzi, le continue incursioni di quei video scoloriti avvolgono lo spettatore e lo inducono a non abbandonare il filo narrativo, ad appassionarsi sempre più ai personaggi, alle loro piccole e grandi tragedie quotidiane. Il film è girato con uno stile piano, che nulla toglie all’intensità narrativa; la colonna sonora richiama suoni suggestivi del passato; gli attori sono tutti bravissimi: una menzione meritano comunque le due protagoniste femminili, Angela Baraldi anzitutto, che si impone nuovamente sul grande schermo, con un personaggio inquieto e crepuscolare degno dei migliori noir anni cinquanta (ma estremamente innovativo, proprio perché al femminile! E poi, la ricordate, bravissima, in “Come due coccodrilli”?); e Claudia Zanella, protagonista bellissima e perfetta dei diari in VHS. Insomma, dato che le arene estive sono già aperte, approfittate per passare una buona serata in compagnia di una buona storia filmata! P.S. A proposito, non date retta a chi dice che il film non è né carne né pesce: è gente a cui piacciono certi film americani, dove succedono tante cose ma alla fine non si scopre nulla e dove i critici possono scrivere sotto il titolo il filone di genere preciso, almeno uno sa cosa va a vedere. Con il film di Salvatores questo non succede, si può dire sia un noir ma in fin dei conti chissenefrega, si va a vederlo e ci si gode una buona storia, così, tanto per il gusto di farlo! Poi, se site veri cinefili, scoprirete la citazione contenuta nel titolo già prima che cominci il film…
Articolo del
30/06/2005 -
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