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Luigi Falorni e Byambasuren Davaa
La storia del cammello che piange
2004
Fandango
di
Peppermint 70
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E’ la storia del piccolo Botok, cammello albino, che dopo la nascita viene rifiutato dalla madre. Il film girato nel deserto del Gobi da Byambasuren Davaa e Luigi Falorni, candidato al premio Oscar 2005 per la categoria dei documentari, ruota intorno alla forza delle immagini e dei semplici dialoghi di una famiglia di nomadi del deserto che mettono in atto vari tentativi per riappacificare la mamma cammello ed il suo piccolo. Il film è privo di qualsiasi elemento narrativo, è la natura la vera protagonista che sovrasta la volontà dell’uomo. Per la prima volta è quest’ultimo che interviene per riequilibrare una situazione anomala – il rifiuto della maternità - attraverso un rito officiato da un violinista fatto venire appositamente dalla città più vicina. Il suono dello strumento e della voce della donna riusciranno a sciogliere il rifiuto iniziale e a far "piangere" anche la madre del piccolo cammello albino (oltre che a commuovere gli spettatori). L’espediente prescelto e la forza taumaturgica della musica appartengono ad un’antica tradizione tribale di cui la co-regista mongola aveva solo sentito raccontare, senza averla mai vissuta in prima persona. Il rapporto uomo – natura è il vero fulcro del film, attorno a cui ruota la vita della famiglia nomade che vive nel deserto e del branco dei cammelli, senza alcuna distinzione tra gli uni e gli altri posti sullo stesso piano dallo scorrere degli eventi, dove la fanno da padrone i lunghi silenzi interrotti solo dal suono del vento e dai versi degli animali. La forza del messaggio è nella riscoperta dei sentimenti di solidarietà di cui per la prima volta si fanno portatori gli esseri umani nei confronti degli animali per colmare la necessità dello scambio affettivo cui la mamma cammello sembra rinunciare per un rifiuto impulsivo dovuto alla paura del diverso che diventa un’espressione di difesa molto “umana”.
Articolo del
09/08/2005 -
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