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“La bestia nel cuore” ha la delicatezza di una scrittura che riesce a raccontare l’orrore senza mostrarlo. Una delicatezza, però, che incide. Chirurgica e spietata. Andando a scavare in quel che l’orrore comporta, provoca, sviluppa. E nel sottile meccanismo che gli permette di tornare a galla – in realtà mai dissolto – dopo tanto tempo. Sabina (la bellissima, misteriosa e premiata Giovanna Mezzogiorno) ne è il centro. In lei – che in apparenza ha tutto: un amore con un giovane attore, un lavoro da doppiatrice, una bella casa, qualche amica fidata – rimane una dolorosa fotografia di tanti anni prima. Un ricordo sbiadito ma cattivo che le si ripresenta in sogno. E che le fa male. La strugge perché non sa se corrisponda a realtà. Da sola, infatti, non riesce a metterla a fuoco. Non capisce. Le serve l’aiuto del fratello maggiore Daniele (un Luigi Lo Cascio sopra la media delle sue interpretazioni) che però abita in America. Così, tormentata dalle sue fosche reminescenze, decide di trascorrere un Natale negli Usa. Dove tenterà – lottando contro il “muro” eretto dal fratello a difesa della sua vita e della sua mente - di comporre i pezzi di un triste puzzle del dolore in cui i due fratelli compaiono, loro malgrado, quali protagonisti. Assieme al padre-professore. Mentre Sabina è all’estero amori e amici si scatenano: Franco (un insipido Alessio Boni) non resiste e la tradisce con un’attricetta da quattro soldi, Maria (un’esilarante Angela Finocchiaro) viene sentimentalmente rapita da Emilia (l’amica cieca e lesbica da sempre innamorata di Sabina, un’irritante e bravissima Stefania Rocca). Insomma, al suo ritorno le cose non saranno esattamente come le aveva lasciate. Compreso dentro la sua pancia e la sua testa. Violenza domestica, incesto, cecità, omosessualità, tradimenti: c’è tutto lo spettro più ambiguo ed enigmatico dell’esistenza umana dentro “La bestia nel cuore”. Ma – e qui sta il valore aggiunto che ne fa una pellicola di spessore – analizzato ed approfondito in ogni suo tassello. Non c’è uno spunto che sia ucciso in culla. Ogni personaggio – tranne Franco – è tratteggiato alla perfezione, consentendo agli attori un lavoro profondo di credibilità e personalizzazione spesso impossibile nei fast-food-film di oggi. Quasi teatrale. Le linee narrative si snodano alla perfezione, senza mai lasciare coni d’ombra ma procedendo speditamente ed in parallelo. Sebbene con reciproci raccordi (geniale la trovata delle e-mail lette da Maria ad Emilia) e con un’unica, perfetta parte finale in cui ciascuno ritrova il suo posto. C’è l’abilità di una regista esperta. Almeno tre ottime interpretazioni. Una scrittura attenta ai nessi e mai superficiale. E soprattutto non c’è retorica. Solo la volontà di sezionare con raffinatezza cosa può costare – nella vita, negli affetti, nella psiche - avere una bestia come padre. Una bestia nel cuore.
Articolo del
13/09/2005 -
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