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Succede solo in Italia. Che si parli di un personaggio (apparentemente dimenticato) solo nel momento di estrema difficoltà. Le inondazioni giornalistiche recentemente hanno travasato riguardo le dure dichiarazioni/sfogo di Alain Delon. L'attore 70enne, che da tempo soffre di depressione e di cuore, ha esternato parole che pesano come un macigno a Paris Match. Ne parlo volutamente solo ora (venti giorni dopo) per non bagnarmi con l'inondazione di cui sopra. Nella solitudine della sua villa svizzera, uno dei monumenti del cinema francese, ha avuto il bisogno di confessarsi: "E' noto che ho vissuto male gli ultimi tre anni. Ho una passione per i miei due figli, li ho attesi per troppo tempo, li ho avuti tardissimo; questa separazione mi ha distrutto e il fatto di averli un fine settimana su due mi uccide. A 70 anni sono a questo punto. E allora, quel che è certo è che non lascerò che sia Dio a scegliere il giorno della mia morte". Parole forti. Parole tristi. Parole giuste. Alain Delon è stato, dalla massa piatta ed ignorante, sempre ricordato come il belloccio, il rubacuori, il sogno proibito delle donne. Ancora girano battutacce tipo "delen delon", luoghi comuni nati in un paese che ha riabilitato Lino Banfi, la Bouchet, Vitali, i peti, le tope, le docce della Fenech e le sbracate volgari che hanno rovinato una parte della carriera di un grandissimo attore cubano di nome Milian. Delon è stato (ed è) un attore straordinario. Grandissimo. La più bella rivista italiana - Film TV - sul numero di questa settimana dedica ampio spazio all'attore. La prossima settimana poi, all'1 e 55 di notte (machissenefrega, tanto paghiamo il canone no?) verrà trasmesso sulla Rai uno dei suoi immensi capolavori: LE SAMOURAI (1967) diretto dal maestro Jean-Pierre Melville. Rovinato dai titolisti italiani dell'epoca (che il regista definì farabutti) con un melenso FRANK COSTELLO FACCIA D'ANGELO, il film è il sunto del talento di un fantastico attore. Un polar affascinante, glaciale, schizofrenico che negli anni ha influenzato tanti altri (moltissimi) film (vedi ad esempio Leon di Besson). Un omaggio doveroso. Ad un mito, che mantenendo intatto tutto il proprio fascino, si è di fatto consegnato all'immortalità. Lunga vita Alain.
Vostro "Jeff" Sensei
(pubblicato per gentile concessione di Nerds Attack!)
Articolo del
27/09/2005 -
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