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Con la tenacia che contraddistingue i suoi favolosi eroi televisivi, lo sceneggiatore e regista americano Joss Whedon, creatore di serie di successo come Buffy the Vampire Slayer, e del suo spin-off, Angel, non si è arreso mai quando si è trattato di portare avanti le sue idee. Nel 1992 uscì il film cinematografico di Buffy, storia di una liceale californiana un po’ svampita che si ritrova ad essere una superdonna cacciatrice di demoni e vampiri, erede di un mistico e millenario potere femminino; nonostante l’idea curiosa e originale alla base della storia, il film fu un flop, probabilmente dovuto alla scarsa convinzione della protagonista nel bizzarro ruolo. Ma Whedon non si diede per vinto: cinque anni dopo ci riprovò, con una serie TV dedicata a Buffy, con un nuovo eccezionale e azzeccatissimo cast, che sarebbe durata ben sette stagioni, e avrebbe ottenuto tante di quelle critiche positive da pubblico ed esperti, da essere annoverata tra i capolavori televisivi degli anni Novanta. Per questo Whedon è sempre stato uno sicuro delle proprie scelte: nel 2002 crea la serie TV di fantascienza Firefly, nella quale uno sgangherato equipaggio di reietti e contrabbandieri si muovono in un universo reclamato da una malvagia e subdola Alleanza; ma quando la serie viene interrotta dopo soli quindici episodi, tra l’orrore suo e dei suoi fans, ancora una volta comincia a pensare il modo di resuscitarla. E oggi assistiamo alla resurrezione di questa sorprendente opera… al cinema, con un lungometraggio che prosegue (e forse conclude) le avventure di quegli uomini. “Serenity” è il nome della simpatica astronave, una vecchia carretta che nelle sue disfunzioni sembra ricordare il Millennium Falcon di Han Solo; e il capitano Mal Reynolds stesso (interpretato dall’interessante volto di Nathan Fillion) sembra essere debitore del contrabbandiere cinico di Guerre Stellari. Non serve però essere dei fans di Buffy o aver visto la serie Firefly per poter capire e apprezzare questo film: eppure sta di fatto che in esso si ritrovano tutte le caratteristiche tipiche di Whedon, che i suoi ammiratori, che lo chiamano (giustamente) “genio”, conoscono già. Innanzitutto il linguaggio spigliato e estremamente inventivo, le frasi e i dialoghi fulminanti dei personaggi (spesso apprezzabile al meglio solo nella versione originale, purtroppo); il gioco metalinguistico e tipicamente postmoderno con le convenzioni del cinema d’avventura, di fantascienza e di horror; e un eroe, il capitano Reynolds, che inizialmente (come già era successo a Buffy l’ammazzavampiri) non sa e non accetta di esserlo, ma poi raggiunge la consapevolezza che il Destino ha dato solo a lui la forza per far trionfare il Bene, e si adopera per la salvezza dell’universo. La trama del film è tutto sommato classica, così come il finale: un abilissimo killer dell’Alleanza è incaricato di rintracciare River, una ragazza dell’equipaggio della Serenity che sembra avere dei poteri speciali (infatti è una superguerriera progettata dal governo); ma il capitano della nave gli si oppone, quando scopre che c’è in ballo la sopravvivenza del cosmo stesso; ma non è affatto classico ciò che c’è in mezzo, come alcuni apprezzabili colpi di scena e certe invenzioni visive che lasciano interdetti anche i più smaliziati. C’è da sperare che un talento come quello di Whedon sia presto travasato al cinema (per il quale tra l’altro ha già scritto i pregevoli “Toy Story” e “Alien: La clonazione”), nel mentre che i fans aspettano nuovi film di Serenity.
Articolo del
02/01/2006 -
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