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Volendo subito partire con una metafora: non è affatto casuale che nel quarto episodio di Harry Potter vi siano insieme la terrificante resurrezione di Lord Voldemort, e le prime schermaglie amorose dei ragazzini protagonisti con l’altro sesso. Ormai quattordicenni, Harry, Ron e Hermione devono fare i conti con il mondo degli adulti che avanza, e con i terrori insormontabili di riuscire a raggranellare il coraggio necessario per invitare una ragazza (o un ragazzo) al tradizionale Ballo del Ceppo. Altro che resurrezione del Male, o scontri con i draghi: il vero coraggio è riuscire a dichiararsi… Il quarto film di Harry porta la firma di Mike Newell; finalmente un inglese, dopo l’americano Columbus e il messicano (!) Cuaròn. E il leggero tocco del regista di “Quattro matrimoni e un funerale” si vede: poco avvezzo agli effetti speciali e alle grandi battaglie, Newell si concentra, per quanto gli è possibile in una tale megaproduzione, sull’intimo. L’effetto finale, voluto o meno, è che gli scontri con i draghi, le avventure subacquee nel Lago Nero, e altre scene mirabolanti, impressionano molto di meno un pubblico ormai visivamente addomesticato alle meraviglie potteriane: ciò che davvero resta nel film sono i sentimenti. Si compatisce e ci si diverte con la goffaggine di Harry con le ragazze, e ci si commuove nel sottofinale per la morte di un suo compagno ucciso a sangue freddo da Voldemort. E quest’ultimo, il sauriforme Voldemort (Ralph Fiennes, grande gigione maligno), finalmente resuscitato dopo anni di oblio, torna a reclamare la sua vendetta su Harry, non è altro che la metaforica avanguardia dell’età adulta, che chiede il suo tributo di paurose responsabilità. Tutto questo si può evincere dal film, che però non è altro che la punta dell’iceberg delle vicende di Harry: come al solito, come anche nelle altre pellicole, il resto rimane nel libro, purtroppo. I romanzi-fiume della Rowling contengono montagne di personaggi, episodi e sottotrame niente affatto secondarie che nelle versioni cinematografiche vengono brutalmente tagliate: in particolar modo pare che lo sceneggiatore, il solito Steve Kloves, si sia particolarmente accanito con le forbici su questo quarto episodio. Il vero fan di Harry Potter resta così sempre combattuto tra il piacere di vedere rappresentare sullo schermo le vicende del proprio eroe, e di poter dare un volto ai personaggi del libro, e il dispiacere di vedere la storia ridotta ad uno scheletro, ad un “Bignami”. Ma il peggio accade a chi non è lettore dei romanzi potteriani: i tagli dei libri portano a delle lacune di comprensione e ad una sensazione di scarsa organicità della sceneggiatura del film. Ma questo è forse un prezzo da pagare per la fama mondiale di Harry: l’ansia di portarlo a conoscenza di tutti tramite il cinema richiede sacrifici. Un’ultima notazione sul cast: uno dei punti di forza da sempre di questa saga cinematografica è che raccoglie il fior fiore degli attori inglesi sulla piazza internazionale. Stavolta spiccano i talenti del già citato Ralph Fiennes / Voldemort, che dà l’impressione di divertirsi come non mai ad interpretare l’ennesimo cattivo, e il caratterista irlandese Brendan Gleeson, che dà vita alla sanguigna e indimenticabile interpretazione dello squinternato prof. Malocchio Moody, uno dei pilastri di un film altrimenti incostante.
Articolo del
19/01/2006 -
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