|
Ricordate le coltivazioni di esseri umani in Matrix? I trip virtuali in Strange Days? Il convulso traffico cittadino di astronavi e futuribili automobili nel Quinto elemento? Il chirurgo oculista pazzoide di Nirvana? Avete presente le omicide dinamiche interpersonali tra vittima e carnefice in Seven o quelle più sottili e disperate tra infermiere e paziente in Parla con lei? Bene, se avete risposto sì a tutte o alla maggior parte delle domande potrete affrontare la visione di Minority Report preparati o, quantomeno, avvisati. In altre parole, nulla di nuovo sullo schermo. Scrive Lietta Tornabuoni su L’Espresso di qualche settimana fa: “poteva essere un film chiave delle società contemporanee, uno dei film più importanti del duemila. Invece il tema così magnificamente impostato si perde, si sfilaccia in sottotemi diversi”. E’ proprio così: il tema del “castigo senza delitto (offertoci da un racconto del magnifico Philip K. Dick, lo stesso che si chiedeva se anche gli androidi sognano pecore elettriche…) perde di slancio subito dopo la sequenza iniziale, in cui un professionale detective (Tom Cruise) persegue e acciuffa per tempo un quasi assassino in procinto di uccidere a forbiciate moglie e amante, grazie alla segnalazione onirica di tre sensitivi (o precognitivi, per dirla col film). Nella Washington del 2054, infatti, non ci sono più omicidi grazie alla Pre-crimine, (in)fallibile sezione di polizia che ti arresta e ti iberna prima che tu possa delinquere, sapendo che comunque lo farai. Gli effetti speciali, un ottimo montaggio, una buona sequenza di inseguimento ambientata in una catena di montaggio di automobili, un monumentale Max von Sydow e un intenso Tom Cruise non sono tuttavia sufficienti a rendere giustizia all’idea sottesa al film, ovvero la messa in guardia rispetto all’ossessione per la sicurezza e alla schizofrenia del controllo assoluto che sembrano poter prendere il sopravvento nelle democrazie impazzite del nuovo millennio. Certo, il film non delude dal punto di vista formale, è comunque ben confezionato ma difetta di invenzioni, di scarti ben calibrati dall’ordinaria banalità. Gli stessi Spielberg e Cruise, d’altro canto, hanno fatto di tutto, durante la presentazione al pubblico italiano del film, per smentire significati al di là della storiella poliziesca: della serie, niente politica e niente contenuti troppo profondi, please. Non ci resta, pertanto, che adeguarci e accontentarci di un prodotto da rapido consumo: fast cinema. Per concludere, una nota da cinefilo incallito, suggeritami dall’amico Massimo all’uscita del cinema: una pecca sembra emergere nella sceneggiatura in relazione al colore della pallina di segnalazione con cui i Precog avvertono del delitto da compiersi per mano di Tom Cruise. Ai posteri ( e agli spettatori) la riflessione e l’ardua sentenza!
Articolo del
25/10/2002 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|