|
Alle porte dell’estate, in un periodo non certo favorevole per il botteghino, esce Anche libero va bene. Presentato alla Quinzaine des réalisateurs del Festival di Cannes, segna l’esordio alla regia del versatile attore romano Kim Rossi Stuard. La pellicola rappresenta forse l’opera prima più interessante della cinematografia italiana di questi ultimi anni, convincendo per la sensibilità e la delicatezza con cui viene trattato il difficile e affascinante tema dell’infanzia e dei bambini. Storia di una famiglia problematica e difficile, un padre collerico che viene abbandonato con due figli dalla moglie, che un giorno torna dopo l’ennesima fuga, per poi scomparire di nuovo. Un lavoro ben diretto e interpretato (in primis la performance attoriale di Kim Rossi Stuard nella parte del padre, il ruolo di Renato era stato inizialmente pensato per Sergio Rubini, che ha poi abbandonato il progetto; e le naturalissime interpretazioni di Allessandro Morace, nel ruolo di Tommaso e quella di Marta Nobili, nella parte di Viola nel film), che ha lasciato una traccia di senso sia a livello narrativo che tecnico-stilistico. A colpire, comunque, è soprattutto la semplicità enunciata dalla messa in scena vecchio stile, improntata a un assoluto naturalismo, che dimostra ancora una volta come si può tranquillamente fare a meno delle moderne tecnologie – i modesti interni e gli quallidi esterni della periferia romana aggiungono un surplus di senso alle immagini - per mettere sullo schermo una fabula ricca di complessi sottotesti. Punto di partenza del film, per il quale sono state rintracciate delle presunte parentele alte con i temi vicini alla sensibilità del cinema autoriale di Truffaut de I quattrocento colpi, e a quello del calabrese Gianni Amelio (praticamente tutta la sua opera, perché senza dubbio Amelio è il regista italiano che si è maggiormente occupato del mondo dell’infanzia, sia nella sua produzione televisiva che cinematografica, di fiction e documentaristica) e quello de I bambini ci guardano di Vittorio De Sica, è il rapporto Maestro/Allievo, nella sua accezione primaria: quella di Padre/Figlio. A ben vedere Kim Rossi Stuard fa un percorso opposto a quello fatto da Amelio ne Le chiavi di casa, dove ricopriva anche qui il ruolo di Padre/Maestro. Nel film di Amelio era il Padre/Maestro che fa un percorso di conoscenza del Sé attraverso l’altro, il Figlio/Allievo, mentre in Anche libero va bene il punto focale privilegiato è lo sguardo del bambino. Le dinamiche del “nido” familiare sono infatte raccontate dalla prospettiva di un adolescente, che cerca con tutte le forze di rimanere a galla, nonostante due genitori disastrati. Le sequenze migliori del film, sono quelle dove gli occhi sensibili dell’adolescente Tommaso fanno miracoli, col passar del tempo riescono a scoprire e a capire il padre Renato, cameraman, che deve far crescere da solo i figli e deve far da padre e da madre, la mamma/Barbara Bobulova, spesso sparisce, per poi ripresentarsi in lacrime chiedendo di essere riammessa nella sua famiglia. Un “cinema necessario e urgente” come lo definisce il suo stesso autore - già pronto per una nuova avventura dietro la cinepresa - lontano dall’estetica di un certo cinema “italiano carino” degli anni ’90 che cercava di uscire dalla crisi degli anni ’80.
Articolo del
26/06/2006 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|