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"Prova a mettere un po' di emozione nella tua vita" dice la studentessa di giornalismo, per convincere il mago Splendini (Woody in un delizioso travestimento) ad accompagnarla nella caccia a un serial killer. "Emozione per me è un pranzo senza acidità" le risponde il prestigiatore.
La patina è e rimane quella. L’arguzia e la sagacia pure. Dunque, e come sempre con i Maestri, non è in discussione lo stile. Inimitabile e da solo garanzia di soddisfazione. Detto questo, e chiarito per i più sprovveduti che “Match Point” c’entra come i cavoli a colazione quindi dimenticatelo, “Scoop” resta un po’ sospeso a mezz’aria. E’ un soffusissimo giallorosa da domenica pomeriggio: di quei film che, per carità, male non fanno ed anzi ti riempiono di sorrisi – e qualche grassa risata. Ma nulla di più (ed Allen però quel di più anni fa lo dava, eccome se lo dava). Sorrisi che vengono fuori, come al solito, da una scrittura sopra la media: puntigliosa nella sua semi-artificiosità, chirurgica, paradossale (“Sono ebreo di nascita, ma crescendo mi sono convertito al narcisismo”: ecco, siamo su livelli al solito sostenutissimi e non per tutti). Rimane però il fatto che l’ultimo lavoro, secondo londinese di fila, di Woody Allen si ricollega un po’ troppo banalmente a tutta una serie di produzioni (”La maledizione dello scorpione di Giada”, per esempio) che in quel sottogenere hanno dimostrato di quanto è capace. Dall’altra, ad onor del vero bisogna ammettere che il film si salva fondamentalmente grazie al suo strampalato, depresso, ipocondriaco personaggio, il mago Splendini, che si ritrova ad accompagnare la studentessa di giornalismo Scarlett Johansson (pur imbruttita, rimangono scorci della sua immensità matronale, per esempio nella sequenza in piscina) in un’assurda quanto complicata indagine. E’ arrivata una soffiata dall’aldilà: un celebre giornalista appena deceduto si materializza a Sandra (durante uno spettacolo di Splendini) e le dà una pista. Il resto è, appunto, un giallorosa: Sandra s’innamora del giovane aristocratico su cui deve indagare, dopo che le si era infilata in casa, e tallonata da Splendini conduce una strana indagine che sembrava una follia e che invece porterà ad una mezza verità. Dicevo: è Splendini che, come grillo parlante e snodo-comico, sostiene il film: la Johansonn, pur bellissima, si impegna ma non va molto oltre una buona prova da caratterista. Il protagonista maschile è un manichino. L’intreccio incasinato ma, in fin dei conti, bollitissimo. Il complesso dignitosissimo, divertente ma, certo, dopo un capolavoro con cui Allen aveva spiazzato critica e pubblico tornando a far parlare di sé in termini innovativi e non solo “riproduttivi”, “Scoop” è poca (sostenutissima) cosa. Quasi un passatempo di stile.
Articolo del
20/10/2006 -
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