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Offset, presentato all’interno del palinsesto delle due giornate dedicate al cinema tedesco, è una delle tre pellicole fuori concorso della prima edizione della Festa Internazionale del Cinema di Roma. L’autore tedesco Didi Danquart con Offset sembra voler avviarsi a una carriera di maggior profilo rispetto a un passato registico trascorso soprattutto nel piccolo schermo ( ha lavorato molto per la televisione realizzando anche documentari e film sperimentali). Invece nel seguire per 109 minuti le avventure di Offset ci accorgiamo alla fine che il film non è un capolavoro e comprendiamo anche perché il film è passato come meteora, quasi inosservato nel neonato festival romano. La realtà sancita dalla pellicola, non è affatto lontana da quella tratteggiata da un po’ di tempo a questa parte, cioè da quando la fine della guerra fredda prima e la globalizzazione poi hanno favorito la nascita di un sottogenere della commedia, molto amato dai festival generalisti: il filone a sfondo etnico. Non è un caso che il leitmotiv di queste pellicole sia la transculturalità. È un cinema che si fa testimone del tempo, con propositi alti fa emergere alcune importanti riflessioni sull’Europa, come il problema dell’integrazione dei paesi dell’Est, le conseguenti differenze e conflitti, dicotomie culturali venutesi a creare con i nuovi assetti geografici e le nuove convivenze territoriali. Per renderci conto del prototipo in questione, uno fra tutti il vincitore dell’Orso d’Oro al 54° Festival Internazionale del Cinema di Berlino, La sposa Turca di Gegen Die Wand. Così è chiaro che testi filmici come Offset non avendo un plot particolarmente coinvolgente né originale, avrebbero l’obbligo di appoggiarsi innanzitutto su una struttura formale dominante, in grado di rinverdire almeno il genere. Offset, invece, scarseggia anche sul coté puramente estetico. Il film si costruisce più per un andamento narrativo schematico e una certa aridità formale che per novità di idee. Non ci sentiamo in vena di assegnare lodi particolari neanche per le performances attoriali, nonostante sia un cast molto popolare e apprezzato in germania, come Alexanra Maria Lara (sarà la principale interprete femminile nel prossimo film di Angelopoulos e di Coppola) o Katharina Thalbach. Ecco allora che le debolezze e i vizzi di questa commedia degli equivoci sono quelle di svelare per l’ennesima volta tutte le incomprensioni e le diffidenze fra culture antitetiche in chiave melodrammatica senza particolari invenzioni registiche. In maniera poco originale la categoria amorosa diventa uno dei motivi di fondo più adottati nella declinazione del genere. Questa volta il rendez-vous è tra la cultura tedesca e quella romena, due popoli che per tanto tempo sono stati divisi in mondi antitetici. Sulla scena di una Bucarest provata dagli anni della repressione, nasce, cresce e si consuma l’intreccio amoroso tra il ricco tipografo romeno Nicu, l’ingegnere tedesco Stefan che sbarca a Bucarest per verificare la rotativa - appunto l’offset del titolo, una particolare stampa - che gli ha venduto e la segretaria Brindusa, una volta amante di Nicu. Stefan e Brindusa come da copione si innamorano e programmano così il matrimonio. Ma il tipografo si oppone, e la loro storia si trasfigurerà in un difficile, rischioso e grottesco triangolo fuori le righe. Peccato che anche questa opera fa nascere più di un sospetto sull’urgenza di un operazione del genere. Ennesimo esempio di un genere agonizzante?
Articolo del
03/12/2006 -
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