|
Homer ne combina una delle sue e trasforma Springfield nella città più inquinata degli Usa. Tanto che il Governo decide di metterla in quarantena (con modi poco ortodossi, a dir la verità) insieme ai suoi abitanti. Tra amori adolescenziali, rapporti padre-figlio spezzati e poi ricuciti, salvataggi di maialini indifesi, scoiattoli mutanti e crisi matrimoniali, ce n’è davvero per tutti i gusti, nel lungometraggio tratto dalle avventure dei testoni gialli di Matt Groening.
Ma vogliamo veramente parlare di cult, di nuovo mito cinematografico, di indimenticabile capolavoro? Non esageriamo. Se non fosse per il tormentone “Spider Pork, Spider Pork” e per un Bart visto in tutta la sua gialla nudità, il film lascia ben poco altro in testa. Piacevole, sicuramente. Esilarante, pure. Ma giudicarlo il non plus ultra della cinematografia odierna d’animazione mi viene un po’ da ridere.
Gli affezionati della famiglia meno politically-correct d’America non potranno che rimanere soddisfatti da questa esilarante, seppur poco innovativa, trasposizione cinematografica. Il film, che nasce “dalla migliore serie televisiva del ventesimo secolo” – così ha sentenziato il Time - non poteva che essere un successo. E, in effetti, gli ingredienti che hanno reso Homer, Marge, Bart, Lisa e la piccola Maggie il nucleo famigliare più osannato degli ultimi anni ci sono tutti, rivisitati e riorchestrati per l’occasione.
Il problema è che, alla fine, sempre lo stesso sapore rimane in bocca. Il film pecca in originalità e in trovate di scrittura. E' come guardare tre puntate di seguito comodamente seduti sul divano di casa. E pensare che proprio Homer, con la sua disarmante sincerità, canzona lo spettatore all’inizio del film, chiedendosi quale sia il senso di pagare il biglietto del cinema per vedere qualcosa che si può gustare tra le pareti domestiche. Come dargli torto?
Eppure I Simpson sono oramai un fenomeno di massa – uno dei primi dei ‘90s, ormai -, una moda che non tramonta, un movimento, un’ideologia, una scuola di pensiero (?). Da qui, il successo assicurato. Non ci si stanca mai di appassionarsi alle loro avventure, né si riesce a non ridere di fronte al loro atteggiamento mordace e scorretto. Saranno pure grotteschi, estremi, scurrili e spietatamente cinici, ma alla gente piacciono. E sapete perchè? Perché milioni di persone si rivedono nelle debolezze di Homer, nella bacchettoneria di Marge, nell’irrequietezza di Bart o nella sensibilità di Lisa.
Ma non è solo questo: i Simpson non sono solamente pupazzoni gialli in cui rispecchiarsi. Ma diventano anche dei veri e propri simboli, degli idoli da seguire, imitare, adorare – o anche evitare, volendo. Altro che supereroi o personaggi patinatissimi e irreali. La gente cerca quotidianità, raggiungibilità, modi di vivere vicini, apprezzabili, desiderabili. Il pubblico – così trasversale, quello dei Simpson - ha bisogno di sagaci antieroi che escano dallo schermo, piccolo o grande che sia. E insegnino alle persone non solo a vivere, ma anche a sorridere delle brutture della quotidianità
Articolo del
23/10/2007 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|