|
“Jesse was a man, a friend to the poor, he'd never rob a mother or a child”. Questi versi di una popolare ballata americana rendono bene l’idea del tipo di considerazione che Jesse James, celeberrimo eroe-bandito di frontiera, ha acquisito negli corso degli anni. Anzitutto sotto il profilo della cultura popolare.
Stavolta tocca al poco conosciuto ma capace Andrew Dominik – qui sceneggiatore oltre che regista – il compito di portare su schermo le sue gesta, narrando del tradimento messo in atto da un membro della sua banda. Jesse, ultimo nato dei fratelli James, è a capo di una brigata che assalta treni e banche. Viene idolatrato dal più giovane dei fratelli Ford, Robert, il quale aspirerebbe a diventare come lui. La venerazione pian piano cede il passo al tradimento che, come suggerisce il lungo titolo, prenderà il sopravvento.
Nelle sale arriva una versione “mutilata” della pellicola, dove le quattro ore e mezzo originarie – che speriamo prima o poi di poter visionare – sono state ristrette a poco più della metà, causa imposizioni dei produttori. Alcuni snodi potrebbero quindi apparire non troppo esaustivi, ma ciò non toglie che dal primo all’ultimo fotogramma si respiri aria di capolavoro.
Sa di Malick – citato in un’inquadratura ad inizio film – questo Jesse James, per il tono scelto dal regista, qui alla sua opera seconda dopo Chopper. L’intero film è ammantato da un’aura di sospensione, una tensione verso un destino scritto a priori, una malinconia alla Pat Garrett and Billy The Kid. Il ritmo è costantemente lento e cadenzato, ma non noioso – se partite preparati, ovvio. Le sparatorie e i duelli tipici del genere western qui cedono il passo all’introspezione, agli sguardi, alla voce fuori campo, all’amarezza. Il ritratto che ne esce è quello di un uomo, ancora prima che un bandito, un ritratto sfocato, come deformato da un obiettivo fotografico. Sublime resta la scena dell’assalto al treno, forse fra gli attimi migliori di tutto il film insieme all’uccisione per mano del codardo e al finale vero e proprio.
Brad Pitt nelle vesti del protagonista e Casey Affleck - ben più dotato del fratello supereroe - in quelle del suo assassino strappano una prova recitativa sorprendente - che al primo è valsa una Coppa Volpi. Non è azzardato dire, infatti, che per il biondo (qui moro) attore di Seven, abbia segnato la migliore interpretazione della carriera. Non da meno si comporta Sam Rockwell nella parte del fratello di Robert, il quale ogni volta che appare su schermo conferma il proprio talento, spesso sottovalutato.
L’assassinio di Jesse James vanta inoltre una fotografia di altissimo livello, opera di Roger Deakins (Nella valle di Elah). E un accompagnamento musicale fra i migliori sentiti in sala negli ultimi mesi: Nick Cave, co-autore della colonna sonora insieme a Warren Ellis, ci dona una partitura struggente e melanconica, e compare anche in un cameo nel finale.
Nonostante le critiche discordanti, la pellicola viaggiava come superfavorita verso il Leone d’Oro alla passata Mostra del Cinema di Venezia, prima di essere sbaragliata dal solito Ang Lee con il suo Lust, Caution. Teniamolo d’occhio il neozelandese Dominik, che promette bene.
Articolo del
29/12/2007 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|