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Pietro Paladini, dopo aver salvato insieme al fratello due donne dall’annegamento, torna a casa e scopre che la moglie è morta. Accompagnando una prima volta la figlia a scuola, decide di fermarsi in un piccolo parco nelle vicinanze per aspettarla, alla fine delle lezioni. Ugualmente agirà il secondo giorno. E molti altri a venire, provocando un vero e proprio pellegrinaggio di conoscenti vari alla panchina eletta a sua nuova dimora.
Il lutto può gettare una vita nell’occhio di un ciclone. In questo modo, in un silenzio irreale, una persona si ritrova a osservare i propri drammi in maniera razionalmente dolorosa, a due passi dalla tragedia. Questo è esattamente ciò che accade al protagonista del film, che si auto-esilia quotidianamente nello spazio di un giardinetto. Ma, come lui tiene a sottolineare, «non soffre». Sarebbe più corretto dire “osserva”: in maniera distaccata, contempla le preoccupazioni altrui e veglia nel contempo sulla propria figlia. Viene quindi dipinta, in maniera decisamente convincente, la scelta di un personaggio che ha deciso di fermare la propria vita, provocando però nel contempo la sospensione o lo sconvolgimento di altre. Che decretano quindi l’impossibilità realizzativa di una vagheggiata atarassia.
Il film inizia fortissimo (forse fin troppo), ricostruendo un essenziale set-up nel giro di pochissimi minuti, cosicché il pathos esordisce fin da subito a un livello piuttosto alto. Gradualmente, però, i tempi si dilatano e il dramma si stempera attraverso azioni quasi insignificanti: paradossalmente, qui inizia il film vero e proprio. Caos calmo è contraddistinto da una lentezza meditativa, più che narrativa, che però ci rivela gradualmente sottili sfumature, dopo un necessario percorso di conoscenza e progressiva confidenza con i personaggi. E questo accade grazie ad attori decisamente in parte, con una menzione speciale per la versatilissima Valeria Golino. La tanto chiacchierata scena di sesso fra Moretti e Isabella Ferrari diventa invece un parziale buco nell’acqua: eccessivamente protratta, interrompe in maniera troppo arbitraria degli equilibri stilisticamente perfetti.
Le considerazioni sul ben noto protagonista sono state volontariamente lasciate per ultime. Nanni Moretti è un personaggio “ingombrante”, indipendentemente dal fatto che un film in cui compare il suo nome sia da lui realmente diretto. Era già successo con Il portaborse (per chi non lo sapesse, dell’amico/collaboratore Daniele Lucchetti), rischia di accadere con questo Caos calmo, anche se più legittimamente. Moretti è infatti il principale artefice dello screenplay, tratto dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi. Eppure, forse il contributo del regista Antonello Grimaldi (Asini, Un delitto impossibile) si riscontra nell’aver limitato il più possibile l’icona-Moretti, un binomio (inscindibile nei “suoi” film) formato dal Moretti-regista e dal Moretti-attore, privilegiando il secondo. E soprattutto dirigendolo, senza permettere che si mettesse in scena da solo, o almeno che lo facesse troppo a lungo.
La conseguenza più felice è che appunto Caos calmo non è un film di Nanni Moretti: è invece una toccante pellicola nella quale l’acclamatissimo autore manifesta il meglio di sé Ma come interprete. Finalmente.
Articolo del
10/02/2008 -
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