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Nella Plaza Mayor di Salamanca, durante un summit antiterrorismo, il presidente degli Stati Uniti viene ferito da un attentatore, mentre due bombe scoppiano fra la folla. Tra le guardie del corpo del capo di stato americano c’è anche Thomas Barnes, reduce da una pallottola presa facendogli da scudo un anno prima. Ora il problema è capire la dinamica dell’accaduto e trovare i colpevoli, attraverso i punti di vista di otto superstiti.
La morte di un presidente (o attentato che sia) è solo un pretesto per permettere all’esordiente Pete Travis – già praticante su piccolo schermo – di pennellare un efficacissimo thriller senza alcuna velleità se non quella del puro intrattenimento. Il Vantage Point del titolo originale è il punto di vista privilegiato. Quello che ognuno crede di avere, ma che alla fine appartiene solo allo spettatore in possesso dei diversi tasselli del puzzle. L’espediente delle diverse prospettive non è cosa nuova (fin troppo abusato il paragone con Rashomon di Akira Kurosawa), ma viene sfruttato solo nella prima parte, per convogliare poi verso un’unica direzione risolutoria. Srotolando un epilogo condito da un paio di colpetti di scena ben assestati e da un quarto d’ora di inseguimento automobilistico che fa tanto Bourne – punto a suo favore.
Nell’ora e mezza di durata la tensione resta alta, nonostante nella prima parte possano risultare un po’ ripetitivi i meccanismi usati per “riavvolgere” stile moviola e mostrare i diversi sguardi sull’accaduto. Qualche fracasso nata, soprattutto nella seconda parte, è inevitabile, ma lo spettatore armato di bibita e popcorn non può che uscire soddisfatto dalla sala, e con più adrenalina in corpo. Inutili le divagazioni sugli eventuali sottotesti politici che fungono solo da cornice per un piccolo congegno ben oliato capace di tenere incollati allo schermo senza troppe pretese. Facendo leva su di una tecnica registica scevra da grossi digitalismi, che ha studiato bene serie tv come 24 e Lost.
Il supercast conta, fra gli altri: Sigourney Weaver (compare solo dieci minuti, un po’ sprecata) nelle vesti della regista televisiva, Dennis Quaid (riesumato ciclicamente da Hollywood, un po’ vecchiotto e rugoso come guardia del corpo), il sempre capace Forest Whitaker, la belloccia star di Lost Matthew Fox e William Hurt nella parte del presidente. Nomi altisonanti da stampare sulla locandina, tra riciclaggi e astri nascenti.
Questa pellicola suona come una piccola sorpresa. Ottimo esempio di action thiller riuscito e gradevole, si è imposto in America battendo tutti nella settimana d’esordio e conquistando il podio anche in Italia. Muccinate amorose a parte, non c’è da lamentarsi in queste settimane, viste le ultime uscite.
Ovviamente Prospettive di un delitto risulta smaccatamente filoamericano, ma i riferimenti all’undici settembre sono più accennati che approfonditi, evitando di invischiarsi in discorsi che non si conciliano con l’obiettivo del regista: semplice e vivace entertainment, scorrevole e brioso. E perdoniamogli pure più di un eccesso lontano dalla verosimiglianza, fra supertecnologie, incroci casuali durante le fughe e uscite indenni da carambolanti incidenti. Del resto, alzi la mano chi si aspettava di vedere un documentario: io no di certo.
Articolo del
05/03/2008 -
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