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Ben Affleck
Gone Baby Gone
Drammatico, 114' - U.S.A. 2007
LivePlanet, Miramax Films, Ladd Company, The Walt Disney Studios Motion Pictures Italia
di
Elisabetta Lanzillotti
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Regia di Ben Affleck. Ma chi, il fratello di Casey? Il cambiamento di domanda nell'aria più o meno da Gigli agli Ocean’s, ma non con così tanta cattiveria. Quanto basta per dire che il “fratellone” fa una figura decisamente migliore dietro alla macchina da presa. L'Academy Award per la sceneggiatura di Good Will Hunting è anche un po’ suo e questo Baby è proprio ben fatto.
Gone Baby Gone è tratto da un romanzo, La Casa Buia di Dennis Lehan. Come nel film, si legge di Pat Kenzie e Angie Gennaro in cerca della piccola Amanda, scomparsa da casa a soli 4 anni. Il tema facilmente assimilabile alle troppe storie di cronaca recenti non deve trarre in inganno: a Boston, nel quartiere dimenticato da Dio di Dorchester è la regolarità, la gente sparisce tutti i giorni. Ce lo spiega Pat nel monologo voice over iniziale, le parole si stagliano, o meglio si scagliano contro immagini crude della povertà quotidiana. Pat e la compagna Angie cercano le persone che cadono nelle crepe della società, lavorano dove vivono, tra quella gente ed è per questo che gli zii della bambina si rivolgono a loro. Due occhi familiari in più, più delle decine di poliziotti e media, che all'inizio riluttanti si fanno coinvolgere e risucchiare nel sottobosco di Boston, malfamato, nelle cospirazioni. A soli 30 anni, giovani, la vita davanti segnata e cambiata dalla bambina e le sue famiglie.
I fratelli Affleck sono una coppia che funziona, perché sono fatti così tutti e due, fatti a Boston come Lehan. Il libro e il film sono molto simili, i colori che si leggono nel romanzo prendono vita senza fatica nella presa cinematografica come se l’autore del romanzo li avesse dipinti lì per essere guardati. Affleck regista coglie in pieno tutte le sfumature e non si lascia mai scappare di mano il realismo, il muro duro della realtà che poi è il cuore del film al di là della cronaca.
«Bodies wrapped around souls and cities around them», dice Pat Kenzie. (Corpi avvolti attorno ad anime e città attorno a essi).
Meno cinico del romanzo il film, che deve per forza di cose lasciar fuori alcune parti e dare della aggiustatine qua e là anche se non risparmia nulla, anche in termini di sangue, e non c’è paura di sconcertare e nemmeno l’intento perché la storia parla da sé. Eccellente uso del voice over, spiega e crea tensione quando sovrapposto alle immagine statiche e stanche.
Il giudizio finale è più o meno per Casey Affleck qualcosa come: “Oscar!”. Per Ben un augurio di buon ritorno alla ribalta dal lato giusto della macchina da presa, dietro, sperando che tutto il bello di questo film non sia solo una questione di familiarità con l’oggetto e il soggetto. Insomma, un buon voto con la clausola: aspettiamo la prossima regia per confermare o abbattere.
Nel cast anche Morgan Freeman, Ed Harris e Michelle Managhan, bella giovane e brava promessa del cinema americano, già vista in Kiss Kiss Bang Bang e Mission Impossibile III.
Articolo del
19/04/2008 -
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