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L’ultimo film di Ferzan Ozpetek, che ha come protagonista una brava Giovanna Mezzogiorno, ha tre elementi davvero validi: la fotografia, l’intreccio di due spazi temporali differenti che non si accavallano ma si compenetrano, l’elemento della malattia usato sia come canovaccio che come tema a sé. La fotografia è curata nelle minuzie e realizza prospettive di luce che definiscono in maniera più netta gli stati d’animo dei personaggi e della storia stessa. Dove si delinea ombra e oscurità prevalgono i turbamenti e l’avvicinarsi della fine, sia questa della vita, dell’amore o di quanto altro; la luce e la luminosità al contrario accompagnano simbolicamente i protagonisti nel superamento della loro sofferenza e del loro dolore. La crisi matrimoniale ed esistenziale di Giovanna e Filippo e la perdita di memoria di Simone/Davide si sviluppano e intrecciano fra di loro alternando momenti di riflessione a momenti di discreta comicità; Giovanna in particolare cerca di analizzare il presente per costruirsi la propria forza di vita a cui attingere nel futuro, cerca il suo motivo per il domani; e per questo demolisce, ricostruisce e rianalizza l’oggi nella sua disperata corsa verso un futuro migliore, vivo, vitale. La sua rincorsa verso l’avvenire e verso l’esistenza, così come il ritrovamento dell’identità di Simone/Davide, può avvenire però, soltanto, rigettandosi nel passato: sia in quello presente, osservando chi siamo stati e chi vogliamo essere, sia in quello più assoluto dell’uomo, nella sua Storia di civiltà. Le vicende di Simone/Davide parlano di sofferenza, di amore e di verità andando al di là del caso individuale, parlando di tutti noi, delineano soprattutto le responsabilità che ogni individuo ha nella storia propria e altrui. Il passato di Simone/Davide, la vita e la morte del suo compagno si allineano al presente delle vicende di La finestra di fronte creando una perfetta sintesi fra i due spazi temporali, che assieme e solo nella loro unità intrinseca riescono a creare armonia e a dare compiutezza a tutta la storia. La perdita di memoria del vecchio è l’elemento trainante di tutto il film. Se ne scopre il ruolo poco alla volta: è attraverso la sua malattia che Giovanna e Lorenzo si incontrano, che Giovanna acquisisce consapevolezza della propria crisi, che lei ( e noi ) indaghiamo la Storia, il passato dove trovare il proprio Io, quello di oggi, è attraverso Simone/Davide che Giovanna trova le proprie risposte. La malattia è in questo film sia tema che pretesto per altri temi e per l’intreccio stesso. E’ l’input e l’epilogo di questo racconto, in cui gli elementi antitetici si attraggono, si confondono e si compenetrano a vicenda: il passato e il presente, il dentro e il fuori, l’Io e l’altro, la malattia e la normalità. Tutti elementi che esistono l’uno in funzione dell’altro e sono fra loro compenetranti e reciprocamente smascheratori. Simone/Davide è malato quando non ricorda, ma lo era, in verità, già prima quando veniva, comunque, imputato come “diverso”. Egli torna per questo alla ( presunta ) normalità senza dare spiegazioni: è infatti il procedere lineare del suo percorso di costante anormalità. In La finestra di fronte la morte insegue la vita e alla vita non è dato altro se non confrontarsi con la morte stessa. Tutti gli elementi opposti si contrastano per poi svelarsi e smascherarsi a vicenda. Giovanna osserva fuori dal proprio appartamento con bramosia di fuga, di sogno; si perde in ciò che immagina dell’appartamento di fronte, e quando riesce a penetrarlo non può fare altro se non scrutare dentro se stessa. Nel tanto desiderato e sognato Lorenzo non trova altro se non la fuga/ricerca del proprio Io. La finestra si svela alla fine affacciata allo specchio del proprio “sé”. In cui non si possono trovare fughe ma solo riflessioni e responsabilità. Assieme alla speranza
Articolo del
28/04/2003 -
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