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Nel suo cammino in bilico tra ricordo e sogno, Ann Grant Lee, affascinante e solarissima ex cantante del passato, ma nel presente malata terminale bloccata a letto, racconta alle sue due figlie, in una sorta di confessione pre-mortem, del suo “grande sbaglio”: Harris (Patrick Wilson). Onirismo, flashback e un interessante intreccio tra prima e dopo fanno di questo film un drammatico incontro memoriale tra la Ann giovane e speranzosa (Claire Danes) e l’anziana disillusa che poi è divenuta (Vanessa Redgrave), ma con quel suo grande amore conosciuto tanti anni prima al matrimonio dell’amica Lyla (Mamie Gummer) rimastole nel cuore fino alla morte. Nel passato di Ann compare, oltre alla passione consumata in una vecchia casa nel bosco, il rapporto con la stessa amica (destinata a una vita da sposa infelice) e soprattutto con suo fratello (Hugh Dancy), ragazzo stravagante e imprevedibile, fomentatore di drammatici litigi e illuminanti riflessioni, probabile causa del bilancio di fine corsa della stessa malata Ann. Nel suo presente invece le due figlie, diverse come il giorno e la notte, ascoltatrici interessate del racconto della delirante madre, che si ritrovano a fare i conti con le loro vite e le scelte che hanno compiuto nel corso di esse, cercando di ricucire ciò che i dissapori familiari avevano in qualche modo logorato.
Tratto dall’omonimo romanzo di Susan Minot, promettente e pluripremiato, la pellicola invece tende a non decollare. Nonostante il grandissimo cast femminile (Glenn Close, Meryl Streep, Vanessa Redgrave, Natasha Richardson, Claire Danes e Toni Colette), ciò che doveva rappresentare un tributo all’amore senza tempo – appunto – e quindi senza fine diventa una storiella di passioni adolescenziali melensa e un po’ noiosa. Ciò che moralmente dovrebbe rappresentare viene oscurato da un’anziana donna che insegue luci nella notte e intrighi da soap opera di serie B. E se tutto questo colpisce al cuore i più romantici, fautori dell’amore senza confini spazio-temporali, guardando con una punta di cinismo ci si accorge che la pellicola fa tutto meno che fornire speranze a chi crede nel più grande sentimento che muove il mondo. Perchè questa volta esso sembra non portare altro che lacrime, sangue e rimpianti.
Làjos Koltai, regista nonché ottimo direttore della fotografia in molti altri film anche questa volta non delude, regalandoci scene di altissimo effetto straniante, riproducendo un’atmosfera surreale che è alla base di tutta la pellicola. Ottima la colonna sonora, straziante al punto giusto, che permette di godere al meglio di scene fin troppo ridondanti e silenziose, ad alto effetto soporifero. Adatto a chi voglia definitivamente rassegnarsi nei confronti dell’amore.
Articolo del
09/05/2008 -
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