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EXTRANTEPRIMA! Uscita prevista in sala: 27 giugno 2008
Street Kings raccoglie un cast di veri sovrani del proprio campo. Keanu Reeves è il protagonista, affiancato da Forest Whitaker, pluripremiato per The Last King of Scotland. Debutto sul grande schermo in veste drammatica, almeno in una produzione hollywoodiana, per Hugh Laurie. La faccia conosciuta di Sucre da Prison Break (Amaury Nolasco) e il supereroe Chris Evans dai Fantastici Quattro. Miscuglio tv/cinema per creare un progetto simile a The Shield, il cop-cult del millennio: riuscito. La grandeur della pellicola, che si può permettere molte più sparatorie e sparatorie molto più cruente e spettacolari, si sposa con l'atmosfera della polizia di strada realisica. Di fatto non ci sono inseguimenti allucinanti e poco probabili, ma colpi d'arma da fuoco che colpiscono davvero, conservando la drammaticità di scene ben impostate e l'effetto realtà.
La storia è quella di un agente di polizia, Tom Ludlow, interpretaro da un Reeves che ricorda le performance di A Scanner Darkly per il peaseggio e come ci si muove. D'altra parte è assolutamente impossibile non avere flashback di Matrix causa determinazione e occhiali scuri. Tutto ciò molto lontano dal significare che l'attore non sia perfetto per la parte, un po’ ambiguo, un po’ ancora con la faccia da bravo ragazzo. Nelle vicende intricate della corruzione e delle trappole Whitaker brilla di luce propria nel ruolo del capitano Jack Wander e Laurie lo stesso: come capitano Biggs trasporta nel film le caratteristiche più "cattive" del famigerato Dr. House trasformandosi nel perfetto capo ambiguo, con qualcosa da nascondere, buono con il ripieno di cattivo o corrotto col mantello di pecora.
Che ci siano veramente pochi innocenti è chiaro dalle prime scene della pellicola, girate in strada, in una Los Angeles che sembra sfiorare le atmosfere della rivolta, controllata dalle gang e pattugliate svogliatamente da poliziotti corrotti, uno ogni tanto si fa giustizia da solo. È il caso del detective Ludlow: dopo la bruciante scomparsa della moglie è rimasto ad amministrare burocrazia invece di giustizia e senza motore per andare avanti decide di staccarsi dal sistema. Nel momento in cui diventa un problema per i superiori i suoi occhi si aprono al marcio e alla corruzione, facendone la pedina più scomoda e più utile allo stesso tempo. La regia è cruda e scostante: una sorta di presa diretta per quanto possibile dal taglio cinematografico. I colori della città di notte sono scuri e gli interni grigi, le forme umane tagliano il grigiore e la luce notturna quando parlano, di giorno la luce è calda ma impersonale, come fosse un documentario e non una storia: la sofferenza rimane spesso sterile e quello che risalta veramente è l’impunita corruzione. Dall’inizio nella landa delle bande alla fine in una casa sulle Hills, il messaggio è chiaro, anche se alla regia non c’è Scorsese. A molti critici non è piaciuto proprio per questa mascherata asetticità, per la mancanza di profondità emotiva, la facilità con cui si preme il grilletto e ci si dimentica delle amicizie, a noi piace proprio per questo: la visione documento impone una regia distante, schematica e la rappresentazione dell’animale uomo così come lo vediamo.
Ayer è alla seconda regia ma ha firmato produzione e scrittura di S.W.A.T., Training Day, The Fast and the Furious e Harsh Times (qui anche regia).
Articolo del
15/05/2008 -
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