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Martin McDonagh
In Bruges – La coscienza dell'assassino
Azione, 107' - Regno Unito, Belgio
2008
Blueprint Pictures, Film Four, Film4, Focus Features, Scion Films Limited / Mikado
di
Fabio Piozzi
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Bruges, Belgio. Ray (Colin Farrell) e Ken (Brendan Gleeson) sono due killer professionisti spediti in vacanza forzata dal loro boss, in attesa di nuove disposizioni. Il primo – psicologicamente segnato da un infanticidio involontario – detesta la cittadina belga e cerca svago nei pub, il secondo approfitta della situazione per contemplare il lato artistico del posto. L'incontro con Chloe, una ragazza conosciuta sul set di un film, sembra dare nuova linfa a Ray, ma una telefonata del capo imporrà un incarico capace di sconvolgere ogni labile equilibrio.
Il teatrante Martin McDonagh, famoso nel Regno Unito e premiato con l'insigne statuetta nel 2006 per il Miglior Cortometraggio, si cimenta – con la sua opera prima – in un anomalo thriller venato di noir, ma anche di commedia. Con evidenti velleità autoriali. Sono proprio queste ultime a rappresentare croce e delizia dell'intera pellicola, che pare soffrire di un certo "mal d’autore", fra dialoghi figli del buon Tarantino e situazioni assurde che tanto piacerebbero ai nostri Coen. La scelta (anomala) di sfruttare una cittadina medievale come cornice dell'intera vicenda può apparire furbescamente pretenziosa, ma è in ogni caso efficace come la scelta di vestire una fotografia a luci fredde, che ben si adattano all'atmosfera e al clima fiammingo. Oltre che allo stato d'animo dei due protagonisti, presi a combattere, come recita il sottotitolo italiano, con le loro coscienze piuttosto che con pistole e silenziatori.
Tutti sono vinti e nessuno è vincitore. Motto vecchio come il mondo, ma che emerge inesorabilmente anche in quest'opera, dove i siparietti nonsense riflettono l’epoca priva(ta) di senso in cui viviamo, quando se aiuti una vecchietta a portare la spesa «quella pensa che la stai derubando». La vicenda è di quelle che coinvolgono, ma lungo la strada alcune tappe risultano un po' forzate, per arrivare alla resa dei conti col finale, perfetto per chiudere il cerchio, sebbene troppo costruito e improbabile. Nonostante l'ammaliante ambientazione offerta dalla Torre del Campanile della città. Girato e musicato ottimamente, il film lascerebbe perplesso l'incauto spettatore che, con amici o fidanzata al seguito, si avventura nella sala armato di popcorn credendo di vedere solo azione e sparatorie.
Nel cast il migliore in campo è senza dubbio Gleesom (che ha già diviso il set con Scorsese e Boorman), mentre la prestazione di Farrell - alle prese col personaggio più psicologicamente complesso – è convincente seppur a tratti lievemente goffa, un po' troppo simile al meccanico dell’alleniano Sogni e delitti. Spazio anche per Ralph Fiennes che, nonostante la locandina lo indichi come comprimario, entra solo a mezzora dalla fine per risolvere il match.
A scanso di equivoci: siamo dinnanzi a un buon film, considerando che è un esordio. Ma in luogo di queste forzature, di queste mescolanze di linguaggio, la domanda è una: il trentottenne McDonagh è solo un abile assemblatore di materiale altrui o un autore in erba con una personale cifra stilistica che sta venendo a galla? Attendiamo la comparsa di un secondo lavoro nel suo curriculum per capire se questo In Bruges è in realtà un grande bluff o un valido biglietto da visita.
Articolo del
23/05/2008 -
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