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Paolo Sorrentino
Il divo
Drammatico, 110' - Italia
2008
Indigo Film, Lucky Red, Parco Film, Babe Film / Lucky Red
di
Alberto Boldini
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Sette volte premier, senatore a vita, “quasi” presidente della Repubblica. E nel mezzo processato per presunte conoscenze mafiose, sospetto collaboratore della loggia massonica P2, protagonista del golpe Borghese. Chi è veramente Giulio Andreotti? Come ci comunica Paolo Sorrentino, l’enigma è ben lungi dall’essere sciolto.
Realizzare un film su Andreotti si presentava come una vera sfida, se la volontà era quella di andare oltre la storica icona caricaturale forattiniana. Sorrentino compie una scelta interessante, provocando l’empatia laddove paradossalmente esalta l’opacità dell’enigma, invece di risolverlo. Ecco quindi che il personaggio pubblico rimane tale anche nel privato, quando non addirittura in completa solitudine, limitandosi a una serie infinita di aforismi come risposta a chi lo interpella più o meno amichevolmente, costringendoci a interpretare (con scarsi risultati) i frequenti silenzi e lo sguardo monocorde di situazione in situazione. Ma proprio a questa imperscrutabilità lo spettatore sorprendentemente finisce per affezionarsi, a una tutto sommato irresistibile maschera di sarcastica arroganza dietro alla quale non riusciamo però a scorgere nulla. Gran parte del merito va forse al convincente Toni Servillo, che riesce a tratteggiare senza forzature l’alienato distacco del personaggio, in un perenne stato contemplativo che rasenta il disumano, lontano da caserecce imitazioni televisive.
Il film non ci fornisce una vera e propria biografia, ma rappresenta piuttosto uno spaccato dei nostri primi, drammatici anni Novanta, quando ormai Tangentopoli incombeva tragicamente sullo scenario politico. Un evento del quale Andreotti si ritrovava a essere uno dei protagonisti principali, un vero e proprio “divo”, in seno a quella Democrazia Cristiana che da tale crisi uscirà sostanzialmente annientata.
L’andamento è costituito prevalentemente da una serie di episodi di disuguale spessore semplicemente giustapposti gli uni agli altri: da un viaggio al Cremlino a una semplice cena con la moglie, da una movimentata seduta parlamentare all’incontro con un gatto. Purtroppo ciò che viene meno al complesso svolgimento del film, almeno occasionalmente, è proprio la regia di Sorrentino, mai stata così eccessiva e prolissa, non giustificabile neppure da alcuni picchi surrealistici (si vedano le scene dello skateboard e quella già citata del gatto). Queste considerazioni non precludono però alcuni momenti davvero memorabili, come la primissima intervista con Eugenio Scalfari o le conversazioni con il parroco, mentre dall’altra parte alcuni ritratti lasciano un po’ di amaro in bocca (come ad esempio un Paolo Cirino Pomicino fin troppo sopra le righe). Un’altra nota leggermente dolente si identifica forse con la colonna sonora: se il regista già in passato ha molto lavorato sul contrasto immagini/musica, è anche vero che ne Il divo la dissonanza, portata all’esagerazione, molto spesso diventa una stonatura incapace di produrre lo straniante effetto desiderato.
In definitiva si tratta di un film-evento da vedere assolutamente, seppur non privo di alcuni evidenti difetti: una seconda visione sembrerebbe però un requisito da considerare a priori per un film così complesso e spiazzante.
Articolo del
30/05/2008 -
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