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EXTRANTEPRIMA! Uscita prevista in sala: 5 settembre 2008
Chi non ha mai visto una puntata di X-Files alzi la mano. Bene, come prevedevo, nessun braccio levato. Inutile quindi dilungarsi illustrando le peculiarità di uno dei più seguiti telefilm cult degli anni Novanta (termine che ha oramai smarrito il suo significato, dato che sotto il bollino cult, pur di vendere, ci vengono propinate anche le più sconosciute baggianate).
Trascorsi dieci anni dal primo sbarco cinematografico, apprezzabile nonostante il sapore di puntatone allungato, e sei dalla chiusura della serie, l’ideatore Chris Carter (Millennium) si prende carico in prima persona del tentativo di rilanciare un franchise blasonato ma ormai affossato. Dove più che accalappiare nuovi fan, sembra voler disperatamente cavalcare l’ultima lontana onda di successo.
La trama di X-Files: I Want to Believe – lasciatemi usare il titolo originale, che almeno ha un senso a differenza della mera traduzione italiota – si lascia sedurre dal paranormale per abbandonarlo ben presto. Dopo la scomparsa di un agente federale, un prete sensitivo si fa avanti per risolvere il caso. L’Fbi decide allora di giocare la carta Fox Mulder, che vive isolato e oltretutto latitante dopo una condanna a morte per omicidio (basta nascondersi in una baracca per sfuggire alla sedia elettrica?). Dana Scully, impiegata come dottoressa in un ospedale per gravi malattie infantili, affiancherà il nostro (ora barbuto) beniamino nelle indagini, che porteranno a qualcosa di molto più concreto che “semplici” dischi volanti.
Non lamentiamoci del fatto che mancano gli alieni, che lo spirito della serie viene in qualche modo tradito, eccetera eccetera. La realtà è molto più semplice e cioè che questa pellicola è di quanto più inutile e scialbo il nostro Carter potesse tirar fuori dal suo cilindro. D’accordo, appena sentiamo la musica iniziale vibriamo, appena vediamo i nostri agenti dell’occulto invecchiati ma sempre pronti, ci luccicano gli occhi. Ma una trama che, nel bene e nel male, ha una sua organicità, non può far affidamento su di una sceneggiatura approssimativa, co-scritta dallo stesso regista, condita da dialoghi a dir poco goffi e imbarazzanti.
La cornice innevata e la regia non sfigurano, anzi, sono forse le mani vincenti (o meno perdenti) del film, ma se in un’ora e tre quarti non abbiamo una vetta di climax che sia una, bensì solo scenette trite e ritrite (Scully che vuole lasciar perdere, Mulder che “vuole crederci”), accenni di storie riciclate (la sorella scomparsa di Mulder), e un anticlericalismo non troppo velato né giustificato, allora siamo veramente alla frutta.
Il risibile budget di 30 milioni di dollari si spiega grazie all’assenza di effetti speciali e di ogni qualsivoglia scena action che avrebbe ridestato, per almeno una manciata di minuti, le menti degli spettatori. I quali sprofondano nelle poltrone della multisala rimpiangendo le prime stagioni del serial televisivo. L’ambiguo alone di mistero che era il distintivo degli episodi tv stavolta evidentemente si è dato per malato, facendo rimanere impressa su schermo solo l’inscindibile sintonia fra i due agenti protagonisti, che nonostante qualche ruga e un paio di chili in più sanno ancora dove mettere le mani sul set. E viste le carriere fantasma di Gillian Anderson e David Duchovny, purtroppo, verrebbe malignamente da dire che difficilmente sappiano fare altro.
Spiace parlar così male di una pellicola conclusiva di un ciclo importante e celebrato come quello di X-Files, ma sia fra i neofiti che fra i fan di vecchia data, sarà difficile trovare qualcuno che impazzisca per questo malriuscito e deludente tentativo di far rivivere i vecchi fasti. Mi piacerebbe poter dire “voglio crederci”, ma credere in questa pellicola sarebbe davvero troppo. Forse anche per Fox Mulder.
Articolo del
15/08/2008 -
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