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Quarant’anni prima della strapotere di Harry Potter, la letteratura per ragazzi aveva un altro campione: l’irlandese C.S. Lewis e la sua saga de Le cronache di Narnia. Milioni di giovani anglosassoni sono cresciuti imparando ad amare quelle pagine di fantastiche avventure; i giovani italiani (e i non-anglosassoni in genere), del tutto all’oscuro di tali capolavori, hanno dovuto invece aspettare, ahinoi, le due recenti pellicole cinematografiche del neozelandese Andrew Adamson per venirne a conoscenza.
Il principe Caspian non fa eccezione alla maledizione che accompagna i film tratti da opere letterarie complesse ed apprezzate; come il precedente Il leone, la strega e l’armadio si dimostra ancora quanto sia difficile tradurre sul grande schermo dei libri fantastici senza farli sembrare assurde bambinate, soprattutto quando al timone non c’è un regista o un produttore adatti.
Del primo episodio ricordiamo i quattro fratellini inglesi, orfani della Seconda guerra mondiale, catapultati in un mondo da fiaba (Narnia, ispirato al colto Lewis proprio dalla cittadina umbra), che avevano sconfitto la strega del ghiaccio, tiranna dei mitologici abitanti, e che erano stati proclamati re, prima di tornare alla propria grigia realtà. Quel film, pur di relativo successo nel mondo, aveva lasciato perplessi molti (adulti), per i suoi goffi tentativi di imitare l’epica e l’intensità tolkieniana/potteriana, in un contesto però di animali parlanti e di ragazzi che diventano prodi guerrieri dal giorno alla notte. Tutti elementi cui il passaggio dalla carta allo schermo non ha certo giovato (Lewis stesso avversava una trasposizione cinematografica della sua opera, come Tolkien, al quale è andata di lusso con Jackson).
Questo secondo episodio narniano, tuttavia, offre maggiori spunti di interesse allo spettatore, innanzitutto per la trama decisamente più adulta. I ragazzini tornano a Narnia trovandosi coinvolti in una vera e propria macchinazione per ottenere un trono; il cattivo è stavolta un umano, che non brama altro che il potere (il nostro Sergio Castellitto, faccia truce, look orientale, si diverte come un bimbo), e desidera la morte del vero erede, il principe Caspian (Ben Barnes, “il nuovo Orlando Bloom”, forse perché inespressivo come lui). Come se non bastasse, su Narnia sono passati 13 secoli dall’ultima volta che dei terrestri vi hanno messo piede, e tutto è selvaggio, in rovina, e le creature mitologiche sono divenute davvero tali. I fratellini e l’esule Caspian dovranno ottenere ancora l’appoggio di centauri, fauni e grifoni per vincere.
Il “realismo” nella trama (la successione al trono, il razzismo degli umani di Narnia nei confronti delle creature mitologiche) e la discontinuità del passaggio del tempo tra i due mondi fanno fare un bel salto in alto alla saga, avvicinandola agli spettatori adulti. Ad un occhio critico d’altronde restano molti dei difetti del primo episodio, che si potrebbero a questo punto dire “strutturali” della saga: un regista che è sì neozelandese, ma che non è Peter Jackson in quanto a genialità; una produzione discontinua (grande il trucco, mentre scenografie e coreografie lasciano spesso a desiderare); una recitazione che lascia perplessi, su cui il doppiaggio italiano però infierisce pesantemente; punte di New Age nella colonna sonora fanno rabbrividire, e un’intollerabile intrusione di canzoni pop prima ancora dei titoli di coda sa quasi di profanazione.
E la parola “profanazione” non è casuale: Lewis era un fervente cristiano, proprio come il suo amico e collega Tolkien, e nella sua opera sono profondi i riferimenti religiosi: il leone Aslan è una vera e propria figura cristica, basti vedere il suo martirio e la sua resurrezione nel primo episodio, o la sua apparizione alla piccola Lucy in Caspian, vista solo da lei e accolta con incredulità dagli altri (come San Tommaso nei Vangeli). Né è casuale che la voce originale del leone sia di Liam Neeson, attore irlandese e molto religioso (come Lewis).
I lewisiani non possono negare che il loro scrittore preferito avrebbe meritato di più, ma loro sono pochi, mentre il pubblico globale è molto, anzi, tutto: se lo si guarda con l’ottica di un film per famiglie, e ci si rimugina poco, Il principe Caspian a conti fatti mantiene la promessa di due ore e mezza di spettacolo. E di questi tempi magri per il cinema per ragazzi forse può bastare.
Articolo del
21/08/2008 -
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