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Secondo capitolo della neonata (e irriverente) rubrica Ippica, arrivo!, dedicata alle più grandi brutture cinematografiche della stagione. L'obiettivo, come puntigliosamente illustrato qualche tempo fa, è autenticamente filantropico: aiutare i registi in difficoltà, demiurghi di siffatte monnezze filmiche, a trovare una nuova strada nella propria vita. Stavolta tocca allo spietato Fabio Piozzi, primo ufficiale della sanguinaria divisione bresciana di Extra! Music Magazine, stroncare i poveri Al e Bob, oramai dimentichi del loro irripetibile passato. (S.C.)
Sfida senza regole, ovvero la decostruzione di un mito, anzi di due. Ovvero la presa in giro dello spettatore. Ma prima di cominciare, un paio di dati: Robert De Niro esordisce su grande schermo a venticinque anni, Al Pacino a trenta. Mettendo insieme i lavori cinematografici di entrambi superiamo di gran lunga il centinaio, e in due fanno quasi ottant’anni di carriera con tre premi Oscar. Questa è la terza volta che compaiono nello stesso film, ma la prima ove recitano fianco a fianco dall’inizio alla fine. Detto questo, sulla carta l’occasione pare troppo ghiotta per essere sprecata.
Turk e Rooster sono due poliziotti del dipartimento di New York con trent’anni di servizio alle spalle. Un misterioso serial killer si muove in città senza lasciar traccia alcuna se non delle brevi poesie in rima sulla scena del crimine. Toccherà ai nostri veterani snidare il criminale, che sulle prime pare essere un poliziotto. Compreso nel prezzo del biglietto c’è poi per gli spettatori un colpo di scena telefonato un’ora e mezza prima (quando il film ne dura forse una e quaranta).
Non ha senso soffermarsi troppo sulla trama trita e ritrita – quante volte abbiamo visto serial killer che giocano con i poliziotti tramite indovinelli e quant’altro? – o sulla sceneggiatura approssimativa che genera characters inspiegabilmente piatti. Non serve nemmeno parlare della messa in scena totalmente anonima di Jon Avnet (Jon chi? Ah si, quello di Pomodori verdi fritti alla fermata del treno e L’angolo rosso, nonché regista del prossimo Io uccido). Del resto il film ruota solo ed esclusivamente attorno ai due altisonanti nomi campati sulla locandina, che comportarsi peggio non potrebbero.
Sembra di assistere ad una rimpatriata fra ex-collegiali, i quali si ritrovano dopo decine di anni a ricordare quanto erano bravi nei compiti in classe. Pacino e De Niro passano praticamente tutta la durata della pellicola a scambiarsi sguardi, occhiatine, ammiccamenti e risate, come se guardassero a ritroso e gongolassero entrambi delle rispettive carriere. «Quanto eravamo bravi», sembrano dirsi con gli occhi. Esibendosi ancora capaci di far palestra, fare sesso e centrare la testa di un bersaglio al poligono, vogliono dimostrare di essere invecchiati solo per la carta d’identità.
Sfida senza regole, senza i due veterani al timone, sarebbe solo un filmetto come tanti, che strizza l’occhio un po’ a Il giustiziere della notte e ad altri mille polizieschi con serial killer. Buono insomma da utilizzare come riempitivo nella programmazione di qualche multisala. Invece fa pena, ma soprattutto rabbia assistere a una tale delusione, a un tentativo patetico e svilente di ostentare due mostri sacri del cinema che fu. E poi dai, non ci crede nessuno che il protagonista di Toro scatenato e quello di Scarface, improvvisamente abbiano perso le loro capacità recitative o che non sappiano trovare script alla loro altezza. Forse è solo la voglia che ormai manca, ma in ogni caso l’ipotesi del pensionamento sarebbe da prendere in considerazione. Cominciamo a non poterne più di riciclaggi che marciano sulla buona fede dello spettatore.
Se proprio vi volete punire vedendo questa pellicola (che nel cast annovera anche John Leguizamo, 50 Cent e tutti i suoi denti d’oro), una volta a casa inserite il dvd di Heat – La sfida nel lettore – ma anche Casinò, Quei bravi ragazzi, Quel pomeriggio di un giorno da cani, Carlito’s Way – e premete il tasto play. Stavolta sono i fantasmi del presente quelli da scacciare.
Articolo del
04/10/2008 -
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