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Durante la lavorazione dell’ennesimo film di guerra sul Vietnam, il giovane regista emergente (Steve Coogan), come tentativo estremo di risollevare un film martoriato da problemi produttivi e dalle bizze di attori primedonne, decide di spedire il cast in mezzo alla giungla per ricreare la magia del realismo e riprendere l’esperienza cinematografica definitiva. Le cose però non andranno come previsto e il gruppo dei 5, composto dall’attore action (Stiller), quello comico (Black), il pluripremiato (Downey Jr.), il rappettone di turno e l’emergente, si troverà ad affrontare un’esperienza di guerra fin troppo reale.
Alla vigilia dell’uscita cinematografica nostrana di Tropic Thunder la sensazione generale era quella di trovarsi di fronte ad un prodotto decisamente costoso, probabilmente troppo, e altrettanto rischiosamente farcito di un tipo di comicità che fa ridere mezza America ma, una volta sbarcata in Europa, non funziona come in patria. Tutti dubbi che vengono fugati in partenza, dai favolosi tre finti trailer che aprono la pellicola e funzionano da presentazione dei tre personaggi principali: Black, Downey Jr. e Stiller. L’attore comico Black fa il verso alle commedie grette alla Eddie Murphy, senza peraltro doversi sforzare troppo. Downey Jr. invece è protagonista di una schifezza intellettualoide che vede dei frati gay al centro dell’attenzione e un fantastico Tobey Maguire nel ruolo di sé stesso. Stiller invece è lo spaccatutto di turno, protagonista di un’interminabile serie action fantascientifica trita e ritrita, oramai arrivata al sesto capitolo. Grandissimo inizio che definisce la cifra stilistica, seguito da un incipit se possibile ancora migliore: il film parte con le riprese del film in questione Tropic Thunder appunto, ennesimo adattamento citazionista della guerra in Vietnam. Napalm, bombe a mano, scene alla Apocalypse Now, Platoon e Salvate il Soldato Ryan. Tutta roba già vista. E la magia del cinema svanisce. L’idea del giovane e talentuoso regista (inglese…) alle prese con un budget fuori di testa è quella di spedire tutti nella giungla, su consiglio dell’autore del romanzo da cui il film è tratto, il classico reduce (qui interpretato da Nick Nolte) che si rivelerà poi essere qualcosa che in realtà non è. E la chiave del film sta tutta qui, sia quella narrativa che comica. Tropic Thunder è un buonissimo film sul cinema, che non si prende sul serio nemmeno per un minuto e fa le pulci ad un mondo che dovrebbe più spesso fare questo genere di autoironia. E non fa ridere solo allo spettatore cinefilo malato di mente, fa ridere tutti, attraverso situazioni comiche molto ben giocate, una direzione ottima e una messa in scena veramente impeccabile. E non c’è da storcere il naso se il direttore della fotografia è quello de La sottile linea rossa di Malick, anzi, concorre ad una messa in scena che deve essere per forza di cose spettacolare e a regola d’arte. Stiller si dimostra regista abile e capace, ma soprattutto riscatta un periodo leggermente sotto tono girando un film complessivamente molto ben realizzato e più personale di quanto si possa vedere a prima vista. Robert Downey Jr. è un capolavoro ambulante, Jack Black ha un personaggio cucito su misura che gli regala la libertà di fare quello che vuole. Lo stesso Stiller, che si riserva la parte più succosa, cade meno del solito nella tentazione di fare sempre la stessa faccia, pigiando sulla caratterizzazione come era abituato a fare tempo addietro e il risultato è una delle perle comiche più divertenti in assoluto degli ultimi anni (cliccate su youtube Simple Jack e poi ne riparliamo). Tom Cruise nel ruolo del produttore senza scrupoli Les Grossman è evidentemente alle prese con il tentativo di riscattare la sua immagine offuscata dalle ultime recenti uscite pubbliche, sfoderando un personaggio totalmente trash, ma talmente estremo che si inserisce perfettamente nel mood dell’intera pellicola.
Promozione piena dunque per un film che, seppur sfruttando un’idea non eccessivamente originale, è molto divertente, ben fatto e, cosa non da poco, intelligente, citazionista in modo efficace e mai smaccato, dalle immagini alla colonna sonora (splendida). Battute al vetriolo e ritmo serrato lo rendono una delle commedie meglio riuscite degli ultimi anni, sia per chi mangia pane e film quotidianamente, che per chi vuole andare a sbracarsi di risate il sabato sera. In America e fuori. Da vedere.
Articolo del
06/11/2008 -
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