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Anno 2012, l’economia Usa è collassata, disoccupazione e criminalità sono alle stelle. Jensen Ames, innocente ma incastrato per la morte della moglie, finisce nel carcere di Terminal island dove sotto l’identità di Frankenstein – pilota storico morto in un incidente – è costretto a disputare gare con mezzi modificati e armati all’ultimo sangue per mantenere alti gli indici d’ascolto. Vincere la Death Race in cambio della libertà.
Prendete Fast and Furious, shakeratelo con Interceptor e servitelo in un contesto carcerario, compresi tutti gli stereotipi del genere. La recensione potrebbe praticamente terminare qui, per il nuovo film di Paul W. S. Anderson, regista dal curriculum non proprio invidiabile (Mortal Kombat, Resident Evil, Alien Vs. Predator), ma che stavolta pare proprio a suo agio, pur partendo da una sceneggiatura scritta su un fazzoletto di carta. Prodotto dal mitologico Roger Corman come la pellicola cui è ispirato – il cult/trash/splatter movie uscito in Italia nel 1975 sotto il titolo Anno 2000 – La corsa della morte – più che un remake potrebbe dirsi un sequel, prendendo le mosse dopo la morte del vecchio protagonista.
Il logo Universal sgomma scomparendo, ed eccoci introdotti nell’universo post-apocalittico della corsa della morte, dove vince chi arriva primo ma soprattutto chi arriva in fondo. Tolto lo sterminio dei pedoni con relativa tabella punti, peculiarità dell’originale, inseguimenti, armi (napalm compreso!) ed esplosioni la fanno da padrone, incorniciati da una buona fotografia sporca il necessario, e da una regia che stavolta si esprime al meglio insinuandosi fra le lamiere dei bolidi dopati. Che Anderson abbia scoperto la sua vocazione? Fantastici poi gli inserti pubblicitari per il pubblico a casa, con annessi replay delle morti più truculente. Per farla breve: una gran tamarrata in stile, ma che divertimento ragazzi! Sembra di esser tornati a Ghost Rider… Per non parlare degli inseguimenti automobilistici che, se ben fatti, sul pubblico (maschile) esercitano sempre il loro appeal.
Nel cast a raccogliere l’eredità, per così dire, di David Carradine e Sylvester Stallone, ci sono Jason Statham (Transporter, The Italian Job) – un paio di sue espressioni sono da antologia – e Tyrese Gibson (Transformers e 2Fast 2Furious, guarda caso), oltre ad una squadra di “navigatrici” tutte scollature e jeans aderenti. La colonna sonora si divide fra l’industrial e l’hip-hop, anche se facevamo volentieri a meno di quest’ultimo, ormai d’obbligo nei film di corse.
Articolo del
04/12/2008 -
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