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Ottimo è stato il risultato della kermesse torinese, ormai una garanzia di qualità in termini di selezione e organizzazione. Tanti i film attesi, tra cui l’ultimo film di Kim Ki-duk, Bi-Mong, l’ennesima grande opera che conferma questo regista come uno dei migliori in circolazione.
Nella sezione “Lo stato delle cose” è stata presentata l’anteprima italiana del film Hungher del regista esordiente Steve McQueen, uscito nelle sale in Francia il 26 novembre scorso dopo il premio vinto a Cannes nella sezione “Un certain regard”. Il suo è a tutti gli effetti un esordio strepitoso: racconta la storia – a dire il vero già filmata più volte - di Bobby Sand, attivista dell’Ira, che a soli a ventisette anni intraprese lo sciopero della fame nel carcere di Long Kash dell’Irlanda del Nord, per riottenere lo status di prigioniero politico. Un’opera fredda ma intensa in cui McQueen mescola aspetti storici - la guerra civile irlandese – e la tragedia personale di Sand, in un vortice di violenza e sofferenza che accompagna lo spettatore in un alternarsi di linguaggi diversi. Eccezionale il dialogo tra il prete e Bobby Sand girato in un pianosequenza di venti minuti.
Un altra grande pellicola del festival è stata Lemon tree di Eran Riklis, nato a Gerusalemme nel 1954. La recente storia israeliana e palestinese ha portato il regista a riflettere nelle sue opere sulla situazione sociale e politica del suo paese. Ma il film non si limita solo a parlare di politica e di guerra. Anzi, questi elementi diventano strumento per mostrare le relazioni interpersonali e sottolinearne il valore ormai labile. Il cuore della storia è rappresentato dal taglio dei limoni, che segna la perdita dei ricordi d’infanzia, abbattendo così un’intera storia famigliare. Lemon tree racchiude diversi livelli narrativi che non si limitano al solo contesto geografico, veicolando un messaggio di validità globale.
Nella sezione “Fuori concorso” è stato presentato anche Lat Den Ratte Komma In (Lasciami entrare) del regista-attore Tomas Alfredson, il tanto atteso horror vincitore del Tribeca Film Festival e del Festival di Rotterdam e Goteberg. Il film è a tutti gli effetti una favola dark tratta dall’omonimo romanzo di Johne Ajavide Lindqvist e ricalca un plot di tipo adolescenziale, recuperando una delle figure più amate nell’immaginario di questo genere, quella del vampiro (tanto di moda in questo periodo…), in una storia che mescola amore e vendetta con atmosfere a tinte fiabesce e gotiche.
Di gran successo sono state le retrospettive dedicate a Jean- Pierre Melville, “il più americano di tutti registi francesi” come lo chiamavano, e quella a Roman Polanski, quest’ultimo presente a Torino. Polanski, oltre a presentare alcune delle sue opere proiettate per la retrospettiva, ha partecipato a un incontro aperto di due ore con Nanni Moretti (ormai ex direttore del Torino Film Fest, dimissionario con dispiacere di torinesi e no). Il risultato è stato un incontro vivace e interessante in cui si è ripercorsa la sua carriera cinematografica attraverso le fasi di lavorazione di una pellicola.
Tanti sono stati anche altri incontri e le iniziative come quella di “Prime visioni” a sostegno del cinema indipendente di qualità. Questo progetto, ideato dalla regione Lazio, seleziona opere di qualità dirette da autori esordienti o già affermati che hanno ottenuto l’apprezzamento della critica o una meritata visibilità nei festival, ma che purtroppo per i soliti problemi della distribuzione italiana non sono riusciti ad andare in sala. Come evento speciale è stato presentato il giorno prima della chiusura la versione restaurata del capolavoro di Elio Petri La classe operaia va in paradiso.
Per quanto riguarda i premi principali, quello per il miglior film, come noto, è andato a Tony Manero di Pablo Larrain insieme con quello per il miglior attore ad Alfredo Castro. Il premio speciale della giuria è stato assegnato a Prince of Brodway di Sean Baker. Il riconoscimento per la migliore attrice a Emmanuelle Devos con il film Non – Dit di Fien Troch.
Articolo del
08/12/2008 -
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