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Dire di sì alla vita: sembra semplice, molti sono probabilmente convinti di farlo con costanza. Ma se si passa ai conti, si può rimanere stupiti dalla quantità di rifiuti che si dispensano nell’arco di una giornata. Un po’ per apatia, un po’ per pregiudizio, un po’ per convenzione, in ogni momento le persone si lasciano alle spalle una marea di minuscole possibilità che, invece, potrebbero rivelarsi porte d’accesso ad un’esistenza completamente nuova.
E' la forza di quest’idea ad animare sin dall’inizio “YesMan”, il film diretto da Peyton Reed ed interpretato dal genio tragicomico di Jim Carrey. Solo un soggetto originale e frizzante, d’altra parte, poteva degnamente supportare la recitazione un po’ sopra le righe di un questo attore dalla personalità strabordante, capace di farsi il centro vitale e pulsante di ogni pellicola che ha la fortuna di vederlo come protagonista. Per quanto lo svolgimento e la conclusione del plot non brillino esattamente per fantasia e imprevedibilità, l’attacco accattivante e moderato nei toni dà a Carrey la possibilità di prendere le redini del gioco, accompagnando lo spettatore nel viaggio escatologico che porterà il suo personaggio dall’autocommiserazione al magico regno della positività. Carl Allen, il protagonista, è il classico impiegatuccio di banca: un uomo medio che ha smesso di credere nella possibilità di dare una qualche svolta al piattume monocromo della propria esistenza. Disilluso rispetto all’amore, al lavoro e all’amicizia, sembra condannato a passare il resto delle sue serate in poltrona in compagnia di dvd di bassa lega, almeno fin quando non viene coinvolto in un imbarazzante raduno di seguaci del “sì”. Il guru degli yesmen lo convincerà ad accettare un solenne patto con sé stesso, formato da una sola semplicissima clausola: dare una risposta affermativa a qualunque proposta gli venga fatta nella vita. E per il dipendente di un istituto di credito, che passa le sue giornate a negare prestiti, a snobbare il capufficio nerd e gli amici più fortunati, si tratta di un cambiamento non da poco.
Una ventata di buonismo post-natalizia? Non proprio: se una volta, infatti, gli eroi dell’anticonformismo erano bui e tenebrosi, arrabbiati contro la facciata color pastello di una società arroccata sull’ipocrisia del finto perbenismo, ora, a pensarci bene, sono proprio la fiducia e l’ottimismo ad essere controtendenza. L’apertura incondizionata all’altro, la disponibilità a dare credito (non solo spirituale ma anche finanziario) a individui in apparenza inaffidabili, vivere avventure, sono tutte attività piuttosto rare, che delineano un mondo davvero alternativo, simile a quello auspicato dai sognatori di appena 40 anni fa. Dietro alle gag esilaranti e a volte un po’ demenziali di “YesMan” si nasconde, quindi, un desiderio impellente: quella voglia di apertura che negli ultimi tempi viene espressa con il nome di “cambiamento”. Nonostante non vanti una comicità sopraffina né le finezze di un vero capolavoro, la commedia interpretata da Carrey stupisce per il suo carattere liberatorio e per la sua inaspettata aderenza con l’emergente spirito dei tempi. Un piccolo (e forse involontario) inno di ribellione alla psicosi del terrorismo, che propone la riscoperta della fiducia come semplice ed efficace soluzione allo stato di crisi in cui versa un’umanità sempre più chiusa nella sua depressione.
Articolo del
14/01/2009 -
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