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Stephan Elliott
Un matrimonio all'inglese (Easy virtue)
Commedia, 95' - U.K.
2009
Ealing Studios, Fragile Films, Endgame Entertainment, BBC Films / Eagle Pictures
di
Omar Cataldi
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Ruggenti anni Venti: una caccia alla volpe nelle campagne inglesi. Tra i cavalieri lanciati al galoppo si fa largo un nuovo corridore: stupore generale, è una rombante motocicletta. A guidarla, con tanto di cuffia e occhialoni, una ragazza sorridente. Tappeto sonoro: la canzone Sex Bomb in uno strano, distorto arrangiamento. Dalla formidabile scena-simbolo del film Un matrimonio all’inglese emerge il contrasto alla base della nuova dolce fatica del redivivo Stephan Elliott (Priscilla, la regina del deserto): un contrasto nel modo di vivere la vita, ma anche nel percepire la soglia della morale. Sebbene il tutto sia ammantato del raffinato glamour di una commedia british style.
La “pilotessa” spericolata è Larita (una smagliante Jessica Biel), emancipata americana di Detroit condotta dal suo giovane neo-marito inglese nella sontuosa casa dei suoi nelle campagne della terra d’Albione. Una suocera ostile, l’allergia alla natura e una serie di disastri involontari la allontanano presto dalla famiglia acquisita e dalla società. Trova a sorpresa un’anima gemella nel tormentato e sarcastico suocero (un ispido Colin Firth), con cui scopre di condividere un passato da incubo…
Il film, tratto da una pièce di ottant’anni fa del sofisticato Noel Coward (già cinematografata dal buon Hitchcock ai tempi del muto), è imperniato su un apparentemente giocoso “scontro di civiltà” tra un’America di motori e leggerezza e un’Inghilterra di caccia alle volpi e aplomb. La bilancia pende dalla parte di Larita e dei suoi simili naturalmente, stirpe della quale fa parte anche il suocero (e il maggiordomo): persone che sentono l’inconsistenza del manierismo inglese perché hanno sperimentato i peggiori dolori che l’esistenza può offrire, come la morte atroce dell’amato, la carneficina della guerra, la prigione. Ma almeno una degli antagonisti non manca di nobile dignità (per britannico e cavalleresco rispetto del nemico) ovvero la freddissima suocera: il suo orgoglioso silenzio per le difficoltà economiche, o il suo blitz (in un breve incisivo flashback) in Francia per recuperare dopo la guerra un marito perso tra oppio e bordelli, sanno mostrare anche le sue ragioni.
Nel meccanismo così oliato di questa commedia dei bei tempi andati, impreziosita poi parecchio dalla regia di Elliott che sa trovare alcune soluzioni visive (e sonore) attualizzanti, il finale resta decisamente spiazzante e per niente consolatorio. La conciliazione tra i due mondi anglofoni sembrerebbe impossibile, e le uniche anime gemelle a essere unite da uno scandaloso tango finale saranno quelle il cui passato ha riservato dolorose scelte morali da compiere, quelle intorno alle quali una società a prima vista irreprensibile ha creato il vuoto.
Articolo del
20/01/2009 -
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