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Oskar ha dodici anni e vive a Stoccolma. Frequenta la scuola dove non ha amici, ma deve quotidianamente fronteggiare un gruppo di bulli pronti a prendersela con lui con cadenza regolare. Contemporaneamente una serie inspiegabile di sparizioni e omicidi efferati sconvolge la comunità. L’amicizia con la neo arrivata vicina di casa Eli porterà alla luce un segreto terribile e farà nascere un’amicizia “diversa”.
Arriva dalla Svezia uno degli horror più acclamati dell’ultimo periodo. E non si può dare torto alle esternazioni entusiastiche della critica di settore: Lasciami entrare è un gran bel film, diverso, interessante e molto efficace. Tomas Alfredson dirige una pellicola lontana anni luce dal mondo patinato e adolescenziale americano a cui siamo avvezzi, puntando tutto su una storia intrigante e su una messa in scena curata nel minimo dettaglio.
Oskar e Eli sono i due protagonisti. Bambino isolato il primo, vampira intrappolata in corpo da dodicenne la seconda. L’amicizia che scaturisce dal rapporto è quella tra due persone anomale. I personaggi vengono tratteggiati con cura, il piglio è decisamente realistico e il tono ovattato risente della meravigliosa ambientazione innevata del nord. Il clima che si respira è profondamente elegante, cupo e denso. La sceneggiatura è ottima, stratificata e dettagliata. Completa. La fotografia tende a evidenziare i bianchi, appiattisce in modo uniforme per dare rilievo ai momenti più crudi, al sangue che si fa largo tra la neve. Il montaggio e le inquadrature giocano sulla dilatazione e sulla composizione, piuttosto che sulla velocità e sull’impatto. Scuola svedese da cui conviene prendere ispirazione.
In pieno revival di storie sui vampiri, questo piccolo film d’autore non sfigura nel confronto con i più quotati gemelli americani, vedi Twilight su tutti, con i quali condivide l’idea di base e rasenta pericolosamente la copia in alcuni dialoghi inevitabili (Quanti anni hai? Dodici. Da quanto tempo hai dodici anni? Da tanto tempo… aspè… dov’è che l’ho già sentita?). Senza un budget elevato tutti gli elementi funzionano alla perfezione, dagli effetti speciali, ai costumi (il film è ambientato nel 1982…) e concorrono a rendere perfetta l’illusione cinematografica. Perfetti i personaggi di contorno, dal professore spagnolo a cui viene affidato l’alleggerimento comico (parole grosse) alla comunità di adulti disadattati, fino al nucleo familiare, la vera chicca. Splendido il riferimento al padre omosessuale, completamente inaspettato e incredibilmente efficace. La recitazione è buona, sebbene a volte monolitica e avara di espressioni. Va ricordato però che siamo in Svezia e non in una commedia italiana e che a recitare, fin troppo bene, ci sono dei bambini.
I punti dolenti riguardano forse la durata e la costruzione della parte finale del film. Dopo quella che sembra essere la conclusione circolare della vicenda, con riferimenti alle immagini iniziali che lasciano presagire i titoli di coda, Alfredson piazza l’epilogo d’impatto ma che ha tutta l’aria di essere scollegato dal resto, nonostante sia più che coerente. Una specie di capriccio finale che non sfigura, ma che probabilmente si poteva tranquillamente evitare.
Promozione completa dunque per un film elegante, bello e interessante, ricco di spunti e di possibili interpretazioni e quindi molto intelligente. Un po’ più di suspence non avrebbe tradito le intenzioni originali e magari reso la pellicola più scorrevole. Va comunque annoverato tra gli episodi migliori di questo inizio 2009. Discorso a parte sarebbe la solita invidia rispetto a realtà cinematografiche considerate minori, eppure in grado di sfornare film come questo, non agli Oscar come migliore film straniero solo perché presentato fuori tempo massimo. Vabbè… oramai ci siamo abituati.
Articolo del
22/01/2009 -
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