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Marcus Nispel
Venerdì 13
Horror, 97' - U.S.A.
2009
Crystal Lake Entertainment
di
Alberto Boldini
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Nel famigerato campeggio di Crystal Lake spariscono i soliti ragazzotti anabolizzati e dediti unicamente alla fornicazione e agli stati alterati; la polizia annaspa nel buio, mentre un sanguinario omone mascherato sui due metri si aggira indisturbato in uno spazio che si può definire tutto fuorché metropolitano.
Insomma, se la verosimiglianza non è mai stata una prerogativa degli horror (parlando poi della grezza declinazione degli slashers...), questo Venerdì 13 non fa veramente nulla per rattoppare una sceneggiatura semplicemente inutile con una sana dose di intrattenimento. L’incipit del film riassume in pochissimi minuti il primo, noiosissimo capitolo della saga (ma quanti di coloro che lo definiscono un classico l’hanno effettivamente visto?), risalente ormai al 1980, sfruttato da un’infinita serie di sequel che si fermava al 2003, anno del godibilissimo Freddy vs Jason. L’errore fondamentale forse avviene proprio nel rinnegare l’ironia quasi parodistica di alcuni degli episodi migliori (Incubo a Manhattan, Jason va all’inferno Jason X, il già citato incontro/scontro con Freddy Krueger). Qui il gioco di allusioni con lo spettatore diventa perlopiù irritante, nonostante i personaggi facciano di tutto per flirtare con i propri (striminziti) panni stereotipati. Più che un effettivo remake, il nuovo capitolo dedicato alle gesta di Jason Voorhees si presenta come un confuso e superficiale collage dei peggiori capitoli della saga. Sfido chiunque abbia assistito almeno una volta ad un film dell’orrore che si possa minimamente definire tale a saltare sulla poltroncina per una qualsiasi delle telefonate delle quali il film abusa. Omicidi indistinguibili l’uno dall’altro per modalità e ridicolo involontario, trama e personaggi risibili, la noia pronta dietro l’angolo. Marcus Nispel, già regista del tutto sommato apprezzabile rifacimento del primo, storico Non aprite quella porta, viene stavolta chiamato a portare la croce di uno sconclusionato buco nell’acqua; il difetto principale sta nell’assoluta incapacità di creare il minimo attimo di tensione, nella svogliatezza generale che si respira minuto dopo minuto, in un’atmosfera totalmente anonima. Il gore non basterà nemmeno agli appassionati, in novanta minuti caratterizzati da una tabula rasa di idee...E il sigillo di Michael Bay (in veste di produttore) non fa altro che alimentare la sensazione di una grande occasione mancata. Più che trascurabile, DA trascurare.
Articolo del
17/02/2009 -
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