David Fincher
Il curioso caso di Benjamin Button (The Curious Case Of Benjamin Button)
Drammatico, Fantasy, Sentimentale, 2h39’ - U.S.A.
2008
Paramount Pictures, Warner Bros. Pictures, The Kennedy/Marshall
di
Erica Bruni
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«La vita sarebbe infinitamente più felice se potessimo nascere già ottantenni e gradualmente diventare diciottenni» (Mark Twain).
Quello che non abbiamo visto in Australia lo ritroviamo in uno dei film più attesi dell’anno: The Curious Case of Benjamin Button, in corsa agli Oscar con ben tredici nomination. Ispirato all’omonimo racconto breve di F. Scott Fitzgerald, Fincher dà luce a un’opera straordinaria. La vicenda è tutta in flashback. Narra di un uomo nato in circostanze particolari il giorno della fine della prima guerra mondiale a New Orleans. Nasce come un vecchio ottantenne ed è costretto a vivere la sua vita al contrario, ringiovanendo ogni giorno che passa. Incontrerà molte persone che gli segneranno la vita, ma più di tutte Daisy, il suo vero grande amore.
Fincher dopo il perfetto ingranaggio di Zodiac dirige un’opera di grande valore, con una regia superba basata su una struttura narrativa classica, non rinunciando a una propria rielaborazione personale, che da prova di una ormai composta maturità registica. Bellissimo l’incipit che apre con il racconto di Monsieur Gateau, un orologiaio cieco che perde il proprio figlio a causa della guerra. L’uomo decide di non smettere di lavorare e costruisce l’orologio della stazione ferroviaria che gli è stato commissionato. Terminata l’opera all’inaugurazione cui era presente anche il presidente Roosvelt, l’orologio incomincia a scandire i minuti in senso contrario. Monsieur Gatueu spiega che in questo modo se fosse stato possibile mandare il tempo al contrario come le lancette dell’orologio suo figlio non sarebbe morto. Dopodiché si ritira e l’ultima inquadratura lo vede in una barca solo, mentre rema in mare senza meta. Questa è la tesi su cui si fonderà tutta la storia che utilizza l’impianto fiabesco, scandita dallo scorrere incessabile del tempo a cui neanche Benjamin potrà sottrarsi, e nonostante la sua “diversità” vivrà un’esistenza normale condividendo gioie e dolori come qualsiasi essere umano.
Il protagonista ci fa da guida sullo sfondo di quasi un secolo di storia americana, ma le vicende storiche non diventano mai determinanti nella sua vita. Tutta l’opera è incentrata sulla vita, la morte e sulle vicende personali del protagonista: le emozioni, le diversità e l’accettazione di un destino beffardo, in cui è sottolineata l’importanza di vivere il presente perché esso è l’unica vera opportunità che la vita ci può offrire. Attraverso la deformazione dello spazio-tempo rappresentata dalla vicenda di Benjamin, è riconsiderata la dimensione del tempo, della memoria e del desiderio, nella quale il prima e il dopo si confondono e lo scorrere del tempo sembra variare con la percezione soggettiva. Emerge in modo evidente la chiave poetica e simbolica del film attraverso la grande storia d’amore che copre tutte la seconda parte, in essa si pone la riflessione sul destino e le coincidenze della vita rese esplicite con la spettacolare sequenza dell’incidente di Daisy. Il sottotesto del film è quindi ricco di continui rimandi estetico-filosofici, le cui riflessioni sull’esistenza umana rivelano il loro significato archetipico.
Al tutto si aggiunge un cast eccezionale: Brad Pitt è semplicemente favoloso, attraversa tutte le età in maniera più che credibile con un’interpretazione attenta e consapevole, lavorando per sottrazione. Kate Blanchett è divina, ci regala come sempre una performance intensa e straordinaria in cui sa essere amante e madre allo stesso tempo. Tilda Swinton è perfetta, riesce a rendere il suo personaggio in maniera sensuale ed elegante, presenziando oltretutto in una delle sequenze più riuscite del film. A tutto questo si aggiungono il trucco e la tecnica del motion capture utilizzata per le varie fasi d’invecchiamento di Pitt. Immancabile anche la solita taratura seppiata della fotografia che rende le atmosfere ovattate, donando così ancor più fascino al racconto dei ricordi.
Con The Curious Case Of Benjamin Button, Fincher dà vita a una grande parabola sul significato universale dell’esistenza umana attraverso il racconto di una fiaba, ribadendo il concetto di verità del fantastico e, come direbbe Seneca - che con questo film calza davvero a pennello - «il tempo porta sempre alla luce la verità».
Articolo del
20/02/2009 -
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