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Potrei cercare di riassumere la trama di Gran Torino in poche righe, ma sarebbe un torto, oltre che inutile. Un torto verso il film, visto che raccoglie tante di quelle cose che non basterebbe un libro per racchiuderle, ma soprattutto un torto per voi lettori a cui spetta pieno diritto di vivere questo capolavoro con la mente sgombra. E inutile visto che Gran Torino non si basa sulla sua, a prima vista semplice, storia.
Gran Torino è prima di tutto un romanzo di formazione. Formazione del giovane Thao (Bee Vang), ragazzo fragile che imparerà a vivere in un’America ostile e spietata. Ma, soprattutto, la formazione del vecchio Kowalski (un immenso Clint Eastwood, della sua interpretazione se ne parlerà più avanti), che scoprirà di avere più cose in comune con i suoi “nemici” che con la sua famiglia. Gran Torino è anche una gran commedia che riprende lo schema del buddy movie (territorio già esplorato da Eastwood, con scarsi risultati, con il film La recluta). Infatti sono innumerevoli i momenti in cui non riuscirete a trattenere le risate (guardare il rapporto con la vecchia vicina di casa oppure i duetti col barbiere, era da tempo che il sottoscritto non si divertiva così tanto). E, soprattutto, Gran Torino è un’amara riflessione sull’America, vista come un paese in scatafascio (come il vecchio Kowalski), senza valori ed educazione (come la famiglia del protagonista). E l’unico modo per riprendersi è aprirsi all’altro, anche se in passato lo si è combattuto, odiato ed ammazzato.
Ovviamente è impossibile parlare di Gran Torino senza parlare di Clint Eastwood. Dal punto di vista estetico Eastwood si conferma come l’ultimo regista classico americano. Infatti Gran Torino, come quasi tutti i suoi lavori recenti, è di un’essenzialità e compattezza che lascia k.o. vista la sua capacità di colpire al cuore. Eastwood si prende il tempo giusto per raccontare questa grande storia e riesce a non essere nè retorico, nè banale nè discontinuo (nonostante la bellissima sceneggiatura di Nick Schenk metta tanta carne al fuoco).
Ma, tra gli innumerevoli aspetti che fanno di Gran Torino un film essenziale, spicca l’interpretazione di Eastwood. L’attore ha affermato che quella di Walt Kowalski sarà la sua ultima interpretazione e non gli si fatica a credere, visto che rappresenta la sintesi di tutti i personaggi interpretati da Eastwood. Kowalski è volgare come il sergente Gunny nel film omonimo, sputa in continuazione come Josey Wales in Il texano dagli occhi di ghiaccio, convive con un grande rimorso come il William Munny degli Spietati ed è chiuso e schivo come l’allenatore Frankie Dunn di Million Dollar Baby.
E’ inutile dire al lettore che è obbligato a vedere Gran Torino, se non altro perché potrebbe essere l’ultima occasione per vedere il vecchio Clint sul grande schermo. Ma, soprattutto, per vedersi uno dei film più belli e importanti degli ultimi anni, vergognosamente snobbato all’ultima edizione dei premi Oscar.
VOTO 5/5
Articolo del
15/03/2009 -
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