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Marco Risi
Fortapàsc
Drammatico, 108’ - Italia
2009
Produzione: Angelo Barbagallo e Gianluca Curti per RAICINEMA, Bibi Film Tv, Minerva Pictures Group; Distribuzione: 01 Distribution
di
Beatrice De Sanctis
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«Non credo che Giancarlo Siani avesse in mente di fare l’eroe. Non pensava che semplicemente facendo bene il proprio lavoro potesse andare incontro ad una fine così» (Marco Risi).
Quell’ultimo sparo ha colpito anche me, spettatore del dramma più atroce: la morte della verità. Marco Risi dedica al padre Dino quest’opera intensa che testimonia le indagini del 1985 di Giancarlo Siani, giornalista de Il Mattino di Napoli, morto ammazzato perché tramite il lavoro che amava aveva involontariamente sferrato un attacco ai camorristi di Torre Annunziata. Svelando infatti la responsabilità del clan dei Nuvoletta nell’arresto del boss locale Valentino Gionta, aveva imboccato la via della morte in quel Fortapasc, termine ripreso dal western Fort Apache che non a caso evoca il senso di assedio della città, in questo caso da parte della malavita.
Il film racconta solo gli ultimi quattro mesi di vita di Siani e si apre accennando alla sua tragica fine in modo tale che ogni spettatore, anche il meno cinefilo, non osservi la vicenda in funzione del finale ma la viva assieme al protagonista, magari provando il desiderio di assomigliargli. Era un ragazzo di ventisei anni che prima di tutto credeva nel giornalismo e voleva rendere tutti consapevoli dei fatti di cui personalmente si accertava, finendo per interessarsi delle gare di appalto comprate. Riconosce il regista: «Giancarlo Siani può diventare un raggio di luce, una nuova speranza».
Libero De Rienzo, pur con una voce nasale e una dizione fin troppo depurata dall’accento partenopeo, interpreta bene l’ingenuità del ragazzo che, oltre a voler fare il giornalista-giornalista e non il giornalista-impiegato, si rapporta alla fidanzata e all’amico di redazione con comportamenti dovuti dalla leggerezza della giovane età. Non è importante tuttavia che l’attore raggiunga la massima somiglianza con Giancarlo, ma che ne trasmetta la passione.
Le riprese sono quasi sempre fatte a distanza, così da contestualizzare i soggetti e lasciare che più sequenze si intreccino tra loro, mentre il susseguirsi di campi e controcampi rafforza i molteplici dialoghi. Inoltre il montaggio concitato crea dinamismo specialmente nelle scene d’azione, dove vengono scolpite col sangue stragi di clan in guerra per il potere. Da tener presente anche l’ottimo lavoro del lumino-tecnico che ha fatto delle luci un elemento portante dell’espressione, rendendo significativi anche i rari ma efficaci controluce.
Il più evidente omaggio, oltre a quello de Le mani sulla città di Francesco Rosi, è rivolto a Vasco Rossi che con la sua aggiunge pathos alla vicenda, senza nulla togliere a Edoardo Bennato e agli altri interpreti delle canzoni della colonna sonora, parte integrante della pellicola. Un film sicuramente da vedere per mantenere viva la memoria di una delle vittime dimenticate della camorra e per dare voce a chi non ha voluto che il silenzio prendesse il sopravvento.
VOTO: 4/5
Articolo del
05/04/2009 -
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