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Claudia Llosa
Il canto di Paloma (La teta asustada)
Drammatico, 94' - Spagna, Perù
2008
Oberon Cinematográfica, Wanda Visión, Vela Producciones; Archibald Enterprise Film
di
Beatrice De Sanctis
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Un film estremamente intenso dove viene messo in scena il silenzio. Lo spettatore vive la solitudine di una ragazza, Fausta, nata nel dolore dello stupro della madre durante la guerra civile degli ultimi vent’anni del Novecento in Perù. Gli anni di violenze diventano un’eredità atavica trasmessa alla giovane dalla nascita, tramite il latte materno, il latte del dolore della “sindrome” della teta asustada. Per affrontare la paura di essere violata Fausta porta dentro di sé una patata auto immessasi nella vagina, che però non fa altro che provocarle continui disturbi fisici. La psicologia si unisce alla fisicità e ne prendiamo atto lentamente, seguendo il susseguirsi pacato delle immagini esaltate da una brillante fotografia.
Tramite questa pellicola prendiamo coscienza delle superstizioni in cui vive la povera gente della periferia di Lima, delle abitudini, dei riti e delle usanze che ruotano attorno ad una famiglia vitale e unita. Parecchi piani totali mettono a fuoco un paesaggio brullo e arido che raccoglie persone estremamente dinamiche: Fausta stessa vive con intensità i rapporti umani e i legami, primo fra tutti quello con la madre, anche dopo la sua morte. In realtà appare velato persino un leggero umorismo verso la vita e la morte, a partire dalla documentazione di matrimoni collettivi con la conseguente processione di regali o lo spostamento continuo del buffet, per concludere con la rassegna di eccentriche bare o della fossa scavata per farne solo alla fine una piscina.
Tratto dal libro El Mito del Jani o el susto de la medicina andina di Federico Sal y Rosas, il film che ha vinto l’Orso d’oro a Berlino si apprezza soprattutto per la sua delicatezza, per i piccoli gesti e la grande poeticità delle melodie peruviane ricche di emozioni. Tramite le canzoni lasciate in lingua originale e sottotitolate ci vengono svelati ricordi e stati d’animo quasi per esorcizzare l’orrore del passato. Proprio la musica rappresenta l’elemento che unisce Fausta ad una ricca ed egoista signora presso cui andrà a lavorare ma, per mezzo della stessa, verrà messa in atto l’ennesima usurpazione dell’uomo bianco sulla gente del posto. Eppure questo è un film fatto di incontri che aiutano Fausta a cambiare e a guarire dalla paura. La presenza della figura di un giardiniere, colui che cura le piante inermi con mani innocue, diventa un importante punto di riferimento per la bella protagonista (interpretata da Magaly Solier) tanto bisognosa di attenzioni. E nel finale speranzoso in cui anche le patate possono germogliare, Fausta pare ritrovare la pace nel corpo e nello spirito.
VOTO: 4/5
Articolo del
18/05/2009 -
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