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In seguito al rapimento di quattro cardinali, le forze dell’ordine del Vaticano ricevono una lettera minatoria in cui una misteriosa setta minaccia di distruggere l’intero Stato della Chiesa Cattolica per mezzo dell’esplosione di un cilindro di antimateria. Le autorità vaticane saranno allora costrette a chiamare il professore esperto di simbologia religiosa Robert Langdon, da sempre non in buoni rapporti con il mondo cattolico, per svelare i misteri che circondano questa antica minaccia della Chiesa: la setta degli Illuminati.
A distanza di tre anni da Il Codice da Vinci, torna nelle sale Robert Langdon con le sue avventure tra arcani rivelati, misteri nascosti e complotti di potere a sfondo religioso. La storia, tratta dall’omonimo romanzo del famoso scrittore Dan Brown, si basa sul confronto tra Scienza e Fede, che funge da sfondo alle indagini e alle ricerche del professor Langdon alle prese con enigmi da svelare. In fondo, buona parte della fortuna di Brown è l’alone di mistero che circonda luoghi e persone nelle sue storie. Ribaltando furbescamente verità assodate (o presunte tali?), i suoi romanzi puntano a far nascere nel lettore il dubbio che la storia dell’umanità abbia avuto un corso diverso da quello che conosciamo. A metà strada tra l’inganno e la rivelazione, è questo il nodo centrale della sua letteratura d’intrattenimento, che negli anni gli ha regalato l’attenzione del grande pubblico. Facile intuire, con queste premesse, quanto possa essere economicamente vantaggiosa una trasposizione cinematografica di un’opera di Brown.
Allora il vero dubbio che nasce (o che dovrebbe nascere) nella coscienza dello spettatore, è quello di ritrovarsi, come accaduto per il primo film, di fronte ad una scaltra operazione di marketing che lascia completamente a mani vuote. Forse qualche passo in avanti rispetto all’abominio de Il Codice da Vinci è stato fatto, ma non è comunque sufficiente per giustificare la confusione e la noia che genera questo film. L’insieme di nozioni che il protagonista dispensa a ripetizione rimane sempre fine a se stesso, e non serve ad altro che a portarci come turisti in giro per Roma e per le sue chiese. I Personaggi, stereotipati e mai approfonditi a sufficienza, tranne quello di Ewan McGregor, sono sagome piatte e evanescenti che fanno da contorno ad una trama del tutto privata dei vari spunti di interesse presenti nel romanzo. Inoltre lo sviluppo della storia subisce il ritmo spasmodico dell’azione, lasciando lungo la strada elementi che non vengono spiegati abbastanza, come per esempio l’antimateria.
Ron Howard dimostra nuovamente una superficialità nei confronti di un soggetto comunque interessante, che lo si ami o meno. Totalmente sottomesso ai canoni del blockbuster, il regista non cerca soluzioni particolari e lascia che il film prenda il suo corso come un cavallo dalle briglie sciolte. Tom Hanks si impegna il minimo indispensabile; la protagonista femminile è davvero inutile; mentre Ewan McGregor riesce a fare qualcosa in più. Peccato che l’ottimo Pierfrancesco Favino abbia avuto una parte tanto infima, poco più di una semplice comparsa.
Speriamo che il connubio tra il cinema e Dan Brown finisca qui, o riparta da basi più solide di queste. Altrimenti, fra qualche anno, intrighi e complotti misteriosi orditi dalle società segrete non basteranno per soddisfare un pubblico un po’ più smaliziato.
VOTO: 1/5
Articolo del
21/05/2009 -
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