Lars von Trier
Antichrist
Horror, 100' - Danimarca, Germania, Francia, Italia, Svezia, Polonia
2009
Lucky Red
di
Erica Bruni
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Lascia ch’io pianga/mia crude sorte/e che sospiri la libertà (Handel dall’opera di Rinaldo)
Dopo i fischi di Cannes arriva anche da noi in sala il tesissimo e inquietante horror di Lars Von Trier Antichrist. Il film parla di un uomo e una donna che fanno l’amore con grande coinvolgimento. Il loro unico figlio esce dal box , si affaccia alla finestra per vedere la neve che cade, ma precipita morendo. La donna dopo quasi un mese dalla sua morte non è ancora riuscita a riprendersi, e il marito che è anche psicoterapeuta decide di curarla, anche se in teoria i protocolli della professione non lo permetterebbero. Da qui a inizio il lungo e tortuoso viaggio che li condurrà a Eden una casa in un bosco dove la moglie tempo prima si era ritirata con il figlio per scrivere la tesi sulla persecuzione delle donne. In questo luogo incombe la tragedia per i due coniugi.
Un ‘opera di questo tipo è molto difficile da decifrare perché troppo personale, infatti l’idea del film nasce da un lungo periodo di depressione del regista, e quest’opera vuole diventare una sorta di terapia cinematografica. Il film è presentato come omaggio al sommo regista Andrei Tarkovsky, ma in realtà sono presenti molti riferimenti al cinema di Bergman e Lynch, e come dichiarato dallo stesso regista è stato anche molto influenzato da Strindberg. Tuttavia al di là dei citazionismi rimane un film marchiato Lars Von Trier e lo si percepisce subito perché come abitudine il film è presentato per capitoli, anticipati da un prologo e terminati con un epilogo. Il prologo è sublime credo che sia una se non la parte migliore del film. Girato in bianco e nero a ralenty, quasi frame to frame, la sequenza vede Charlotte Gainsbourg e Willem Dafoe avvinghiati in un amplesso, con primi piani di scene di sesso esplicito (ma questo non è che solo una piccola anticipazione di quello che verrà dopo). Il tutto dura circa sei minuti su le note di un brano di Handel, Lascia che io pianga, dall’opera di Rinaldo. Gli eventi a cui saranno destinati i due coniugi s’incontrano con l’inquietudine e le paure più nascoste dello stesso regista, vedi – qua è reso esplicito alla massima potenza – il terrore che ha nei confronti del genere femminile. La natura in questo film è rappresentata come il male: la donna finisce per diventare l’incarnazione di Satana e non è un caso, infatti, che tra i temi che si mescolano nel film ci sia anche la caccia alle streghe. Nella seconda parte del film non ci viene risparmiato niente, la dinamica è quella dell’espressione più cruda del dualismo, ci troviamo davanti a sequenze torture porn, in cui i due coniugi si affliggono dolore reciproco (e se prima ci trovavamo davanti a corpi avvinti ora ci troviamo davanti a corpi trafitti) ed una scena di automutilazione della donna la quale si prende dichiaratamente tutte le colpe. Quest’opera rappresenta l’assenza di ordine in un mondo in cui Dio non c’è. Il Kaos regna. Ma non a tutto è possibile dare giudizio perché il terreno su cui si fonda è quello dell’inconscio a tratti scivoloso, inquietante, doloroso e disperato proprio come Antichrist.
Al tutto si aggiunge una regia superba, una fotografia digitale curata nei minimi particolari, le sequenze del bosco oltre a essere girate magistralmente sono ricche di simbolismi in cui gli elementi naturali si scatenano portando sangue, sesso e afflizione. Bravissimi i due attori, intensi e viscerali come richiedeva la parte, Charlotte Gainsbourg si è più che meritata il premio a Cannes come migliore interpretazione femminile. E’ ovvio che questo film dividerà la critica, ma tralasciando ogni giudizio, rimane un’opera assolutamente da non perdere, se non altro perché è a tutti gli effetti una grande esperienza visiva, e citando il grande Theodor Adorno forse il compito attuale dell’arte oggi è di introdurre il kaos nell’ordine.
VOTO: 3/5
Articolo del
30/05/2009 -
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