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Darnell Martin
Cadillac Records
Drammatico, 115’ - U.S.A.
2008
Sony Music Film e Parkwood Pictures, Sony Pictures
di
Beatrice De Sanctis
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Ricostruzione storica e amore per la musica trovano il loro punto d’incontro in Cadillac Records, l’ultimo lavoro della regista Darnell Martin che rievoca l’ascesa e il declino della Chess Records di Chicago. Leonard Chess (Adrien Brody), scoprendo e sostenendo artisti di colore entrati poi a pieno titolo nella storia del blues, è stato il pioniere di un radicale cambiamento sociale e ha fondato un’etichetta discografica che il cantautore Willie Nixon ha continuato a far brillare. La voce narrante di quest’ultimo (nell’originale di Cedric the Entertainer) ci accompagna in un viaggio tra gli anni ’50 e ’60 del novecento arricchito dalle personalità degli artisti di spicco della Chess Records, a volte rivali altre volte solidali tra loro, ma pur sempre segnati dal vizio e dall’eccesso.
Ognuno ha pagato a suo modo il prezzo del successo: Little Walter (Columbus Short) con l’alcol e il gioco d’azzardo; Chuck Berry (Mos Def) con le giovani ragazze e l’arresto; Etta James (Beyonce Knowles) rifiutata dal padre bianco, con l’eroina. Anche se il timbro pulito dell’interprete di Etta non rende giustizia alla veemenza originaria della cantante, per ragioni commerciali viene dato parecchio spazio alla popstar che ottiene la possibilità di proporre dei brani per intero, compreso quello che suggella i titoli di coda. La figura di Howlin’ Wolf si rivela nel tempo quella dal maggior senso di moralità, assieme a quella dell’impresario di origine polacca Leonard Chess, legato visceralmente alla casa di registrazione. Muddy Waters, interpretato da Jeffrey Wright e presente dall’inizio alla fine del film, ci appare invece come un uomo vizioso ma dal cuore buono, pieno di parole di conforto o di rabbia, assetato di denaro e sospettoso ma premuroso verso gli amici e la moglie. Un uomo a tutto tondo che ha lasciato le piantagioni del Mississipi per dedicarsi alla musica ed arrivare a suonare oltreoceano con i Rolling Stone, gruppo ispiratosi a lui anche nel nome.
Il film appare fluido e dall’intensità costante: il susseguirsi cronologico degli artisti rende la storia dinamica e con sempre nuovi eventi finemente incastrati tra loro da mettere in risalto. La corposa storicità non può che accrescere la curiosità dello spettatore piacevolmente colpito dai ritmi blues. Proprio in questo periodo storico neri e bianchi cominciavano ad amalgamarsi anche grazie alla musica, un collante perfetto. “A separare i neri dai bianchi c’era una sottile corda e una lunga storia”, ci viene svelato dalla voce narrante, ma era bastato il rock’n’roll di Chuck Berry ad annullare le differenze. L’evoluzione del successo di un artista è inoltre ben scandita in tappe: dalla scoperta alla radio, dalle vendite alle classifiche, dal potere al suo uso o abuso. La radio e la televisione servono inoltre a rendere lo spettatore consapevole dei plagi dei Beach Boys ed Elvis Presley, uomini bianchi impossessatesi della musica nera per trasformarla in puro successo.
Una pellicola dunque forse troppo didascalica, che non lascia spazio a virtuosismi tecnici; la messa in scena è sobria e laccata e prendono spazio i simboli degli anni ’50, come le molteplici e sfavillanti cadillac.
VOTO:3/5
Articolo del
07/06/2009 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
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