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La fede: credere in qualcosa che duri per sempre. Per chi appartiene ad un popolo come quello italiano che ha fondato gran parte della sua cultura sull’ideologia cattolica essere o meno credente è una riflessione obbligata. Per un cittadino di Roma che convive con la Città del Vaticano e che, per giunta, fa l’artista è una domanda ancora più sentita e sofferta. Tanto più se l’esito è una risposta negativa. Uno straordinario Marco Bellocchio è alla regia de L’ora di religione, un film corposo e difficile, in cui un bravissimo Sergio Castellitto ci conduce nei meandri delle apparenze e delle finzioni dei comportamenti umani, che anche nella fede vivono di ipocrisia e opportunismo. -------Realizzato con una splendida scenografia, L’ora di religione si esprime soprattutto attraverso gli sfondi e le azioni in secondo piano (come il duello fra Ernesto e il conte Bulla) più che con i dialoghi -per altro efficacissimi-, costituiti da espressioni ammuffite e ipocrite, da cui emergono le contraddizioni legate alla Chiesa di Roma, per la quale le parole contano più dei fatti e per i cui fedeli il denaro è il fine dei loro nauseanti e vergognosi atti di fede.--------------L’ora di religione è un film contraddistinto da “pause narrative”, da azioni inconsuete, da una certa atmosfera di allusività. E’ uscito nello stesso anno (2002) di Magdalene di Peter Mullan, altro capolavoro, vincitore al festival di Venezia 2002, in cui è asprissima la polemica a certe autorità ecclesiastiche e a certi movimenti cristiani, quale quello delle Magdalene appunto; il film di Bellocchio come quello di Mullan mette in crisi non solo l’idea stessa di fede ma proprio la religiosità nella sua manifestazione più ampia di coralità e unione. ----------- Alla proclamazione di una santa partecipa una collettività unita nell’arrivismo e nel desiderio di fama, mentre la ricerca della verità è portata, faticosamente, avanti dall’individuo solo e abbandonato. Da tutti. Anche da Dio. L’ora di religione è un film da vedere: per chi rientra dalle vacanze per riallacciarsi alla realtà, sempre enigmatica, dell’esistenza, e per chi è ancora in vacanza per non dimenticarsi di quanto debba essere profonda la vita. Per chi ama il buon cinema, quello vero.
Articolo del
24/08/2003 -
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