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Ciò che poteva essere e non sarà: un almanacco demenziale di festicciole a base di birra in capaci bicchieri e tempeste ormonali a seguito. La cronaca sguaiata del percorso di un giovane deciso a varcare la fatidica soglia dell’età matura, lasciandosi alle spalle un’illibatezza ingombrante. Un viaggio itinerante nella vecchia Europa con l’amico scapestrato...
Adventureland, nel breve incipit che precede i titoli di testa, sgombra il campo da qualsiasi malinteso: niente feste sbracate, dove tutt’al più ci si relega a figure di contorno. Niente viaggio all’estero, la famiglia non può permettersi più spese onerose, probabilmente nemmeno l’agognata e prestigiosa università. In campo sentimentale, infine, la timidezza non risulta vincente, e così addio anche alla ragazza caparbiamente inseguita... Ecco, in poche parole, quali rospi deve con riluttanza ingoiare lo studente modello James Brennan (Jesse Eisenberg) al termine degli studi superiori. Salutiamo perciò gli anni Ottanta, o meglio, il lato meno gioioso e accattivante di questo decennio, nel quale alle truppe cameratesche di yuppies e al denaro facile si contrappongono l’indigenza e la variegata fauna di coloro che la fortuna non l’hanno mai nemmeno sfiorata. Manca ancora qualcosa per completare il quadro... Finire a lavorare nello squallido parco d’attrazioni della propria cittadina – Adventureland, per l’appunto – al fine di permettersi la retta universitaria. Ma l’incontro di James con una collega di lavoro bella e problematica (Kristen Stewart), potrebbe mutare una prospettiva tanto ferale.
Il regista Greg Mottola, alla sua seconda prova da regista e qui anche in veste di sceneggiatore, torna sul luogo del misfatto dirigendo una pellicola che tende a sviscerare i caratteri e le inquietudini di un gruppo di (a)tipici ragazzi di provincia. Se nel seminale Superbad i protagonisti si muovevano in un contesto scolastico – le nostre medie inferiori – sì classista e a volte alienante, ma in definitiva chiaro e facilmente interpretabile; in questa nuova commedia adolescenziale e, lasciatemi passare l’aggettivo, esistenziale, i punti di riferimenti non appaiano tanto solidi. Alla struttura e ai ruoli predefiniti che l’istituzione scolastica impone si sostituiscono le incertezze e i dubbi di un futuro indecifrabile. In tale prospettiva, le attrazioni sempre in movimento del parco divertimenti di Adventureland offrono il contraltare metaforico di un’esistenza che non si è ancora delineata, di sentimenti che sbocciano e sfioriscono per difficoltà “tecniche” insormontabili.
Orgogliosamente ispirato a fatti personalmente vissuti, il film si concede inusuali divagazioni su tematiche “generazionali” – le prime relazioni serie e i dubbi derivanti da un futuro quanto mai incerto – con un sincero affetto nei confronti dei personaggi che il frequente uso dei primi piani attesta. Non mancano, sebbene isolati, momenti di bassa e liberatoria comicità che tuttavia, nello spirito anarcoide della pellicola, assumono un tono quasi nostalgico, in memoria di un’età ormai declinante. Un’atmosfera piuttosto desolante permea quindi l’intera vicenda, a cominciare dalla fotografia che spesso tiene debitamente conto delle luci scolorite del parco di Adventureland per illuminare la scena.
Il risultato è una pellicola personale e per certi versi inaspettata, condita da quelle imperfezioni che lo stretto legame fra l’autore e la vicenda rappresentata comporta: una composita colonna sonora rock a tratti invadente, personaggi borderline che lambiscono la macchietta e dialoghi qua e là stucchevoli. Eppure l’umorismo irresistibile dei personaggi, l’impegno profuso nel non affidarsi mai allo sketch grossolano e la sincerità con la quale viene rappresenta un’età particolarmente insidiosa, rendono Adventureland una graziosa variazione sul tema delle commedie adolescenziali. Fa specie realizzare infine quanto ci si dimentichi ben presto del divario temporale fra lo spettatore e i protagonisti del film. Sia la famigliarità che i temi trattati ispirano, sia la sorprendente correlazione fra questo nostro decennio declinante e quello vissuto dai personaggi del film, possono giustificare perfettamente il singolare fenomeno.
VOTO: 2,5/5
Articolo del
17/08/2009 -
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