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The Third Nail è un piccolo film, con piccoli attori e poche pretese, ma che si guarda con più voglia e attenzione di tanti blockbuster usciti di recente. È la storia di un uomo, un padre, un ex carcerato in libertà sulla parola per aver aggredito un uomo in prigione, dove si trovava ingiustamente, poi scagionato grazie al DNA. I carcere cambia però la sua vita per sempre e non solo per via dei tatuaggi e delle difficoltà nel trovare lavoro: negli anni passati dentro da innocente deve decidere se affiliarsi ad un gruppo di skinheads o di ispanici, la scelta lo perseguiterà anche fuori, con botte e pistole e con il rapimento e l’omicidio della figlia. Trey, questo è il nome dell’uomo, vuole solo vendetta e non si fermerà davanti a nulla e nessuno, nemmeno Dio.
Con queste premesse sembra, nei prime tre quarti d’ora, un film monotono e già deciso, uno dei soliti film di sangue e vendetta. Invece si rivela essere un ritratto assolutamente non pretenzioso, il racconto della storia di un uomo e del suo dolore, delle sue difficoltà e della sua fede. Con velate critiche alla religione, al razzismo, al sistema carcerario e alla società americana. Non si vedono cliché, stereotipizzazioni o eccessi di violenza, un ottimo e raro privilegio per lo spettatore. In più il finale è a sorpresa e lontano dall’essere scontato.
The Third Nail è una storia bella, un film commovente. E semplice, il che non guasta in un panorama di grandi locandine o nulla.
Presentato anche a Cannes, scritto e diretto da Kevin Lewis.
VOTO: 3/5
Articolo del
22/08/2009 -
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