|
Nei primi anni ’90 saliva brevemente all’attenzione dei media l’amminoacido noto come lisina, fondamentale nell’alimentazione quotidiana di massa; si scoprì (cosa avrebbe fatto la felicità dei complottisti e dei dietrologi che oggi abbondano) che le grandi industrie chimiche produttrici di tale sostanza nel mondo si mettevano d’accordo a tavolino sul prezzo del loro prodotto. L’onesto Mark Whitacre, vicedirigente di una di queste grosse aziende americane, decideva di denunciare l’accordo truffaldino all’FBI, che lo cominciò a sfruttare come “registratore umano”, nella speranza di incastrare gli squali dell’industria alimentare mondiale. Il cartello venne allo scoperto, ma si scoprì anche un grave difetto proprio nel manico dell’indagine: nell’informatore stesso.
Dopo il doppio kolossal sul Che, sembrerebbe che Steven Soderbergh si stia muovendo ancora sui binari di un cinema tendenzialmente impegnato, questa volta con un piccolo film, seppure spalleggiato da lussuosi mezzi hollywoodiani: ma stavolta il fulcro della storia narrata (rigorosamente vera, da sottolineare) non è la denuncia sociale delle multinazionali che speculano sulle spalle della povera gente... La sorpresa è in agguato. E’ la figura del buon vicedirigente protagonista, padre di famiglia dall’apparente solida morale del Midwest, il suo gratuito e volonteroso aiuto all’FBI non lo esimerà dal cadere a sua volta vittima dell’ingranaggio investigativo, una volta rivelato il suo oscuro punto debole: su di esso si sposta bruscamente l’attenzione della pellicola, vanificando ogni possibilità di reale punizione per le blindatissime grandi aziende, e trovando un facile capro espiatorio in un bersaglio più comune.
Tutta l’amara vicenda è immersa però in un’ottica da crudele commedia grigia, seppure patinatissima, un’aria che si può respirare in certi Coen o in Wes Anderson. Però non si ride, né si sorride, né si ghigna: perlopiù si scuote la testa per l’atmosfera di una delle tante storie vere in cui la surrealtà sembra affacciarsi nel nostro mondo e strizzarci l’occhio. Un sempre più apprezzabile Matt Damon, imbolsito ad arte, è squinternato mattatore: un uomo spaccato in due a mostrare le contraddizioni dell’America? Ce lo suggeriscono forse i suoi bizzarri pensieri, che punteggiano continuamente buona parte del film, spesso completamente sganciati dal contesto diegetico: strane metafore? slanci poetici? interpretazione parallela della realtà? A coronare l’incertezza del tutto, c’è però il contributo più solido ed apprezzabile della pellicola: le irresistibili musiche di Marvin Hamlisch, il grande, attesissimo ritorno del re della colonna sonora pop anni ’70, con i suoi buffi brani da Stangata moderna.
VOTO: 3/5
Articolo del
30/09/2009 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|