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Un ottimo film. Punto e a capo. Già dalle prime inquadrature si capisce che da Dorian Gray si otterrà tutto ciò che ci si aspetta, per poi uscire dalla sala sconcertati perché si ha anche qualcosa di decisamente inaspettato: un film da dieci, anzi, diecimila e lode. La cosa che colpisce dalla primissima inquadratura è la fotografia, una sensazione di calore sprigionato dai freddi colori londinesi, proprio come se stessimo guardando un film di Tim Burton. Non è ancora Sweeney Todd, ma ci si avvicina molto, con qualche parentesi più leggera che rivela la matrice britannica del film e che non stona, anzi, dona una certa grazia alla cruda storia di depravazione. Inquadrature simmetriche evocano la decadente grandiosità pomposa che Wilde descrive nei suoi libri, e queste stesse inquadrature non mancano mai di definire i personaggi, ogni primo piano coglie tanto nel segno quanto le ampie inquadrature degli interni di legno lucidato. Alle cupe atmosfere si alternano caparbie scene mondane, nobiltà seduta a bere del tè e bruscamente interrotta sullo schermo da scene di affascinante e raccapricciante orrore morale: in tutto e per tutto la rappresentazione cinematografica del regista Oliver Parker ricalca e riproduce l’atmosfera del libro, quella leggera pesantezza di contenuti divertenti, filosofici e spregiudicati caratteristica di Oscar Wilde. Dopotutto il regista inglese sembra aver (anche lui) fatto un patto con il diavolo: Dorian Gray è il terzo adattamento tratto da opere di Wilde, i primi due Un Marito Ideale e The Importance Of Being Earnest.
Colin Firth si riconferma come uno dei più bravi attori inglesi in circolazione, capace di essere spiacevole e divertente anche nella stessa scena: se Oscar Wilde fosse ancora vivo ne andrebbe assolutamente matto. Dopo i primi venti minuti di proiezione i dubbi sul Principe Caspian, vale a dire Ben Barnes, nei panni del protagonista svaniscono (diciamocelo, dalle Cronache di Narnia a Gray c’è un bello sforzo di fiducia da parte dello spettatore) ed il viso angelico assume forme ed espressioni sconcertanti. Che dire della storia, la conosciamo tutti ed il regista vi rimane fedele fino al finale, dove introduce una lieve scossa per terminare il film in maniera più teatrale rispetto al libro, ma affascinante nondimeno.
Nelle sale Dorian Gray è stato vietato ai minori di 14 anni, forse ci voleva anche un bel 18 per alcune scene decisamente esplicite trattate in maniera scioccante per chi si aspetta del bon ton britannico; tutto di classe e di impatto eccezionale, anche perché interviene la marcata alternanza di scene crude e scene di normale quotidianità borghese in cui i colori smettono per un flash di essere cupi e diventano angelici. Un netto contrasto portato avanti per tutto il film, con un montaggio esemplare, che dona alla rappresentazione un fascino accattivante. Inoltre: scatti che sembrano dare l’impressione che la bobina si sia inceppata per dare l’idea dell’anima spezzata del protagonista, il punto di vista di entrambi i Dorian, quello del ritratto che sorprende qua e là nella narrazione e ci sono anche momenti tipici del salto sulla sedia. Dorian Gray è un film completo, ben costruito e rappresentato eccezionalmente.
VOTO: 5/5
Articolo del
09/12/2009 -
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