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Ken Loach
Il mio amico Eric (Looking For Eric)
Commedia, Drammatico, Sportivo, durata 116' - Belgio, Francia, Gran Bretagna, Italia
2009
BIM Film, Canto Bros., Les Films du Fleuve, Sixteen Films, Why Not Productions
di
Davide Marchioni
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La vita di Eric il postino sembra essere ogni giorno più vicina alla disfatta totale: due figliastri lasciatigli in gestione dalla sua seconda moglie che sette anni prima lo ha lasciato e con i quali non ha certamente un facile rapporto, una prima moglie mai del tutto dimenticata che invece aveva lasciato lui trenta anni prima appena nata loro figlia, una depressione con istinti quasi suicidi….Per di più uno dei suoi figliastri tiene nascosta in casa una pistola dello psicopatico del quartiere, e non può fare altrimenti perché minacciato. Provano a risollevarlo i suoi amici, che a turno gli raccontano barzellette convinti che lui debba ridere per uscire dalla crisi. Ma non bastano; ecco allora giungere in soccorso del simpatico postino nientemeno che lo spirito guida del suo beniamino calcistico, Eric Cantona. Il quale, con sorprendente autoironia , divertentissimi dialoghi e l’aiuto di qualche spinello prende per mano il perdente postino e lo accompagna verso la via del suo riscatto personale nonché verso la rivincita con il proprio passato.
Dopo aver documentato con il suo cinema realista, tra cui vanno ricordati gli splendidi Riff raff e Piovono pietre, gli anni delle liberalizzazioni sfrenate della Thatcher e gli impatti che queste ebbero sul tessuto sociale più fragile, cioè quello della classe operaia, Loach sembra approdare con buona disinvoltura ad una commedia dove solo apparentemente sposta il suo centro di attenzione dal sociale al personale. Perché in realtà il suo sguardo vigile è sempre lì, ad indagare nel proletariato urbano dei nostri giorni e dei suoi drammi quotidiani, dei suoi sogni, dei suoi miti, della sua ferocia e al contempo del suo spirito di solidarietà. Ed è abile nel cogliere quello che, da qualche tempo, è diventato uno degli elementi più aggreganti in quel fragile tessuto sociale: la “laica” fede calcistica. Loach ha l’abilità di trasformare quella fede in un elemento costruttivo e non distruttivo, come quasi sempre avviene nella realtà. Ed attraverso quella fede Loach ci dice che nella vita il momento più bello, anche per un calciatore, non è segnare un goal, ma effettuare un passaggio smarcante con il quale segna un nostro compagno. E’ cosi che può vincere una squadra, con il superamento dell’egoismo sfrenato, metafora dei nostri giorni, con l’altruismo e la solidarietà. Ed è con quella stessa solidarietà che i compagni di fede calcistica del postino Eric lo salvano dalla sua solitudine e dalla sua disperazione. C’è sempre una via d’uscita anche dalle situazioni più drammatiche, e quella via d’uscita va cercata dentro di noi e nelle persone che abbiamo intorno.
Sebbene non possa essere posizionato tra le opere migliori del regista inglese il film ha certamente pregi notevoli: il primo è che risulta gradevole, mai noioso, ironico al punto giusto. Il secondo è che come al solito gli attori hanno facce azzeccate, vere e credibili; e su tutti va ricordata l’interpretazione di se stesso dell’ex campione del Machester United Eric Cantona, che gioca con la sua leggenda senza scadere mai nel ridicolo. Infine quel terreno di indagine del regista, figlio di operai, che rimane lo stesso anche dopo molti anni: scavare oggi in quel proletariato urbano che molti vorrebbero addirittura dare per scomparso, mi sembra di per sé già un buon motivo per vedere questo film.
VOTO: 3/5
Articolo del
15/12/2009 -
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