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Mira Nair
Amelia
Drammatico, 120’ – U.S.A., Canada
2009
AE Electra Productions, Avalon Pictures, Fox Searchlight Pictures / 20th Century Fox
di
Omar Cataldi
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“E’ meglio che la donna piloti i suoi figliuoli!”. Così disse il Duce quando ricevette una delegazione dell’associazione aviatrici italiane. Se l’Italia fascista, ancora essenzialmente una nazione agricola e conservatrice, non era molto incline a dare spazio alle donne che amavano l’ebbrezza del volo, dall’altra parte dell’oceano, nella democratica America e in quegli stessi anni, non andava granché meglio.
Amelia Earhart, l’eroina dell’aviazione privata americana, veniva da un Kansas arretrato almeno quanto l’Italia contadina, e per portare a termine le sue grandi imprese dell’aria incontrò non pochi ostacoli e compromessi cui fu costretta a piegarsi. Più subdolo del manifesto maschilismo fascista, quello americano pretendeva che le aviatrici dovessero essere soprattutto carine, e che dovessero faticare per trovare i finanziamenti per i propri voli, prestandosi ad una umiliante serie di campagne pubblicitarie di valigie e abbigliamento vario. Amelia, pura e solare come la campagna del Midwest, desiderava solo volare, sempre più in alto e più lontano, estranea agli oscuri e perversi meccanismi del business americano sulla sua immagine.
E’ forse questo il punctum dolens della vita della Earhart che resta più impresso allo spettatore dopo la visione del film di Mira Nair, che si sforza di ricostruire la parabola della pilotessa più famosa del mondo, dai primi successi personali alla fine tragica e misteriosa che la fece scomparire nell’Oceano Pacifico. Sì, perché tutto il resto del film “vola” davvero basso, con una sceneggiatura intollerabilmente didascalica, dove sembrerebbe che per mostrare l’estasi della nostra eroina nella cabina di pilotaggio basti inquadrarla sorridente in primo piano per interminabili minuti. Certo, la capacità mimetica di Hilary Swank nel ruolo eponimo è sempre sorprendente, ma qui è dura spuntarla con la trentennale inespressività di Richard Gere (il marito/agente di Amelia), e un buon cast cui mancano le motivazioni... il che sembra paradossale, visto che si tratta di un film sulla vita di una vera e propria leggenda americana.
Del resto già la locandina (spesso trascurata nell’analizzare un film) allude, con un’evidente interpretazione falsata della storia del personaggio, ad una storia d’amore di coppia, laddove per Amelia non esisteva altro che il volo, tanto da morirne... Quando, per le solite ragioni commerciali, si comincia col distorcere la vicenda di una donna così meritevole di essere (ben) ricordata, è meglio cercarsi un bel documentario del National Geographic, sperando in un’obiettività più rispettosa. VOTO: 2/5
Articolo del
13/01/2010 -
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