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Quando in una azienda arriva il bel George Clooney (Ryan), per i dipendenti convocati a colloquio con lui è arrivato, forse, il giorno più brutto della loro vita. Perché il bello (e bravo) George è un tagliatore di teste, che è li per comunicare a quei dipendenti che il loro posto di lavoro non è più necessario, e pertanto da quel momento sono “congedati” (mai usare il termine “licenziati”). Ovviamente il bel George è abituato a fronteggiare le più disparate reazioni dei malcapitati, ed è per questo che ha pronto un bel depliant della sua azienda che distribuisce a tutti i congedati, ove loro troveranno “tutte le risposte alle loro domande”. Per svolgere questa professione Ryan viaggia per 322 giorni l’anno, ma il problema per lui è trascorrere i restanti 43 nel suo piccolo appartamento in affitto: perché, emblema di uno spirito libero, che non ha radici, che ha come sua vera casa i lussuosi hotel dove passa gran parte del suo tempo, che trasporta tutti i suoi oggetti in una piccola valigia, è a proprio agio solo quando è in viaggio. Anche perché solo viaggiando può centrare il suo unico obiettivo dichiarato: raggiungere i dieci milioni di miglia di volo con la compagnia aerea scelta, che gli consentirà la vincita della carta d’oro che solo altre sei persone al mondo hanno. Profondamente convinto che nella vita legarsi a qualcuno sarebbe come mettere in uno zaino un fardello talmente pesante da impedirci di camminare e dunque di scoprire il mondo, questa sua corazza viene dapprima incrinata dall’incontro con un altro (apparente) spirito libero (Vera Farmiga) e poi dall’affiancamento forzato ad una stagista (Anna Kendrick), che, in linea con la crisi economica di questi anni e la costante ricerca di riduzione dei costi anche nella loro azienda, ha avuto la brillante idea di “congedare” le persone tramite internet, evitando cosi lo spostamento dei tagliatori di teste sui luoghi assegnati. I pregi di questo film godibile e scorrevole risiedono anzitutto nella regia, essenziale e metaforica: gli asettici aeroporti, i lussuosi hotel, l’impersonale accappatoio della catena Hilton indossato da Ryan quasi come divisa di ordinanza, e soprattutto le riprese dall’aereo di un’America di provincia rendono bene la solitudine e il cinismo del protagonista. Città viste dall’alto, dove si atterra, si distrugge qualche vita umana e si riparte, senza cogliere la sofferenza che poi quelle vite dovranno affrontare. D’altronde occorre essere estranei a quella sofferenza per poter fare bene quel mestiere, come il medico deve essere estraneo al dolore del suo paziente, dicono. E poi l’interpretazione di Clooney, davvero bravo stavolta a rendere credibili i vari stati d’animo che, una volta perforata la sua corazza dagli incontri su citati, sembrano trasformarlo in un comune mortale, alla ricerca anch’esso di compagna e compagnia con cui condividere i suoi momenti più belli.
In realtà, se non fosse per il finale, la narrazione sembrerebbe scivolare verso un disegno della realtà talmente buonista da risultare troppo poco credibile. Perché (quasi) tutti i congedati, perdendo il lavoro, dopo un primo momento di comprensibile disperazione sembrano aver scoperto tutte quelle cose che, con la routine quotidiana del lavoro, si perdono ampiamente di vista: godersi i figli, seguirli a scuola o nello sport, trovare immenso sollievo nell’abbraccio del partner. Tutte cose che ovviamente non hanno prezzo e che sono infinitamente più sensate di qualsiasi sensato lavoro: quello che riesce difficile credere, soprattutto in un America ferita gravemente dalla crisi, è che questi “valori umani” possano consolare persone che a fine mese debbono pagare le bollette o i mutui delle loro case. A meno che, in seguito ai grandi cambiamenti culturali di questi anni, non si sia modificato anche il contenuto del sogno americano... Poi, come detto, il finale un po’ a sorpresa sembrerebbe ribaltare nuovamente significato e morale, e di fatto lo spettatore potrà uscire dal cinema con una sua personale interpretazione. Il che non è male, perché almeno si potrà discutere di temi interessanti nonostante si sia appena visto un film che è poco più di una piacevole favoletta.
VOTO: 2,5/5
Articolo del
26/01/2010 -
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