|
Estate 1971: la bellissima Anna Nigiotti (Micaela Ramazzotti) viene eletta Miss Mamma in un popolare stabilimento balneare livornese. Ma questa per lei non è una bella notizia: perché, oltre a suscitare il malizioso desiderio di tutti gli uomini presenti a quella manifestazione, aumenta la fobica gelosia del marito che di lì a poco la caccerà di casa insieme ai due figli Bruno (Valerio Mastrandrea) e Valeria (Claudia Pandolfi). Inizia da quel momento la burrascosa vita di questa donna fragile ma al contempo fortissima e tenace perché la vita le impone di esserlo, se vuole tenere con se i ragazzi che il marito cerca di portarle via. Ricoverata ora in una casa di cura e malata terminale, Anna ha conservato intatta quella sua tenacia, quella sua voglia di vivere e lottare tanto da sembrare immortale anche agli occhi dei suoi figli divenuti grandi. In particolare agli occhi di Bruno, che tornato nella sua Livorno per assisterla in quelli che tutti pensano essere gli ultimi giorni dell’anziana Anna, si trova costretto a fare i conti con quel passato familiare complicato e misterioso, che ha cercato invano di dimenticare e che svela alla fine parentele sconosciute, amori nascosti e sentimenti mai dichiarati.
Invertendo l’ordine dei fattori il risultato non cambia: sia che affronti tematiche a sfondo sociale, come i precedenti Caterina và in città o Tutta la vita davanti, o tematiche più intimistiche come questo La prima cosa bella ,Virzì si conferma uno dei migliori registi italiani ormai da molti anni. Intanto per la sua capacità, anch’essa ampiamente dimostrata in tutti i suoi precedenti lavori, di far esprimere al meglio gli attori che dirige. Non solo quelli che sceglie per protagonisti: la Sandrelli superlativa nell’interpretare Anna vecchia e malata, Mastrandrea che se la cava benissimo anche recitando in toscano, la Pandolfi e la Ramazzotti entrambe brave nel rendere credibili i loro personaggi in ogni sfumatura. Ma soprattutto quelli che protagonisti non sono: l’ottimo Marco Messeri e su tutti il bravissimo Sergio Albelli (marito della Ramazzotti). Poi perché è capace – come forse nessuno in Italia – di descrivere la vita di provincia con tutti i suoi perversi meccanismi che la fanno sembrare a volte immobile nel tempo. Ne sa cogliere gli umori, le dicerie, le aspettative. E stavolta costruisce un magistrale personaggio femminile, donna e mamma, ribelle ed obbediente, ma soprattutto coraggiosa. Di quel coraggio che spaventa gli uomini, tutti gli uomini che incontra, che la desiderano, se ne innamorano ma che non sono capaci di starle accanto se non cercando di frenarne la sua grandezza con violenza ed umiliazione. Come dire che forse il macho italiano non è ancora pronto ad affrontare la grandezza immensa di una donna cosi? Stavolta poi Virzì sceglie come terreno del racconto proprio la sua terra, quella Livorno amata ed odiata che, nonostante per sua stessa ammissione abbia dichiarato non essere questo un film autobiografico, è evidente come il contesto e l’ambiente scorra sotto la sua pelle, e di rimando ne arriva allo spettatore tutto il coinvolgimento emotivo che il fim riesce a trasmettere.
Menzionata quindi la bravura del regista e degli attori, vanno menzionate un altro paio di cose: la commovente giornata trascorsa insieme tra Anna vecchia e malata e suo figlio Bruno, depresso cronico (con tanto di tenerissimo zucchero filato) e le scritte sui muri, in sottofondo, appena sussurrate. Perché dagli anni ‘70 ai nostri giorni quelle scritte, anche in provincia, ci descrivono una Italia divenuta col tempo certamente peggiore, razzista anche in quelle province che per loro appartenenza politica non dovrebbero esserlo. Ma abbiamo detto che questo è un film intimista, e che stavolta Virzì non ha voluto toccare lo sfondo sociale. O no?
VOTO: 4/5
Articolo del
02/02/2010 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|