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Tema in classe: “Genitori e figli: istruzioni per l’uso”. Ad assegnarlo ai suoi studenti è Alberto (Michele Placido), professore di italiano, che spera così di carpire utili consigli per comprendere qualcosa in più nel suo conflittuale rapporto con il figlio Gigio (Andrea Facchinetti). Il tema è l’occasione per Nina, una delle sue studentesse, di parlare senza pudori della sua famiglia. Emergono quindi tutte le normali contraddizioni che si nascondono in tutti i rapporti familiari, spesso falsati e venduti all’esterno per quello che non sono dalle classiche foto da salotto in cui tutti i componenti appaiono felici e sorridenti. Così racconta il malessere, da sempre evidenziato dai continui litigi, tra sua madre (Luciana Littizzetto) e suo padre (Silvio Orlando), che si separano nella convinzione di riprendersi gli anni di vita a cui entrambi hanno finora rinunciato per il bene di quella sovrastruttura che è appunto la famiglia. E racconta di come entrambi avessero vite parallele mai svelate, e di come quella precaria solidità familiare fosse in realtà causa dei non pochi problemi adolescenziali patiti da lei come dal suo fratellino Ettore.
Dopo le ultime prove abbastanza deludenti (Manuale d’amore 2, Italians) Giovanni Veronesi torna al cinema corale non a episodi, ma anche stavolta la prova non convince del tutto. Perché se è vero che per fotografare l’attuale scontro generazionale, che coinvolge non solo genitori e figli ma anche nonni e nipoti, utilizza i corretti stereotipi (aspirazione adolescenziale a partecipare al Grande Fratello, impellente desiderio di mettere filmati di ogni tipo su internet per avere visibilità, linguaggio giovanile sempre più impoverito dagli sms e lingua italiana inevitabilmente ed inesorabilmente stravolta) è anche vero che i dialoghi appaiono spesso troppo semplificati e superficiali. Così come i personaggi, su tutti il piccolo, troppo piccolo fratellino di Nina, invasato da un inspiegabile razzismo che lo porta addirittura ad aggredire un suo compagno di scuola Rom, appaiono a volte poco credibili.
Nonostante ciò, aiutato anche da un cast di attori assolutamente all’altezza in cui spicca su tutti un bravissimo Michele Placido ed una altrettanto brava Margherita Buy, il film è scorrevole e divertente. Veronesi non ha la presunzione di dare risposte ai tanti interrogativi che porrebbe una attenta analisi dello scontro generazionale tra genitori e figli, perché sa bene che ogni argomento trattato (razzismo, sessualità adolescenziale e non, frustrazione nel sentirsi spesso costretti in una dimensione socialmente imposta piuttosto che liberamente scelta) necessiterebbero di approfondimenti tali che ognuno di essi andrebbe sviluppato in un film ad hoc. Così sembra camminare sulla superficie di quel pamphlet di problematiche, senza sporcarsi le scarpe in un terreno inevitabilmente paludoso. Ovvio che questo è, d’altra parte, il limite del film: che proprio perché scorre e diverte non si posa e non fa presa sul cuore dello spettatore, che assiste divertito a quelle situazioni di cui molto spesso è protagonista nel quotidiano: ma senza sapere se anche lui fa parte o meno di “quei sei milioni di coglioni” che tutti i giorni seguono il Grande Fratello.
VOTO: 3/5
Articolo del
02/03/2010 -
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