Hai capito il progressive metal: tutti lo davano per spacciato, cannibalizzato dal suo stesso manierismo e dal conformismo esasperato ai modelli del genere (e non fateci dire a tutti i costi quali sono, tanto lo sappiamo tutti…); e invece, il prog sta conoscendo una seconda giovinezza, e la Penisola è il paese dei balocchi di questo poderoso ritorno di fiamma. Non ci riferiamo solo a gruppi affermati come i Goblin o gli Eldritch, ma anche ad artisti emergenti come i friulani Azure Agony, nati nel 2006 su iniziativa del talentuoso tastierista Marco Sgubin, che con ”Beyond Belief” si avventurano su uno dei terreni più accidentati, musicalmente parlando, senza sfigurare. E’noto che, per chi non è un vero appassionato del genere, il prog sulla lunga distanza può risultare sfiancante, tanto più nella versione strumentale; l’ottima produzione di Luigi Stefanini dei New Sin Studios e la varietà di soluzioni adottate dagli Azure Agony con l’inserimento di strumenti etnici, ad arco e a fiato – oltre alla qualità stessa dei brani - riescono comunque a condurre in porto dignitosamente la nave “Beyond Belief”. ”Mystic Interiors” funge da manifesto dell’album, introducendo tutti, o quasi, gli elementi del sound degli Azure Agony: il brano culmina in un passaggio molto, davvero troppo, “Dream Theatre-style”, ma il consiglio è di non desistere dall’ascolto, in quanto la band sa proporre soluzioni piuttosto interessanti. In ”Terror Haza”, batteria e tastiere si rincorrono e si richiamano continuamente, dando vita a un brano strampalato e vagamente inquietante. ”The Temple Of Vandora”, pattinando agilmente tra ipnotici tintinnii, bruschi riff chitarristici e gli immancabili climax drammatici di Pala e Sgubin, ne conferma ulteriormente l’eclettismo sonoro. ”Ante Tentora” è un brano spaziale e delirante, in cui le distorsioni sonore sono amplificate al massimo, per poi spiazzare l’ascoltatore con l’inserimento di strumenti orientaleggianti (all’incirca a metà del brano, sembra di distinguere un sitar) e ripartire a rotta di collo in un ultimo assalto eminentemente metal. C’è poi spazio per la dolce melodia di ”Across Elysian Fields”, prima di ripiombare nel vortice con ”The Fall Of The Vector”, dal ritmo discontinuo, ricco di evoluzioni e di cambi di ritmo disturbanti. ”Secret Gateway” è caratterizzata da una partenza arrembante, che nel prosieguo declina verso forme di metal più “ruspanti”. Siamo in chiusura con ”The Last City”, anch’essa imbastita su ampli tappeti di tastiere, in cui stadi melodici si alternano a nevrotiche e tintinnanti rincorse. Album bello e con l’anima? La buona qualità non è abbastanza per affermarlo con sicurezza, manca ancora un po’ di coraggio per far il salto di qualità che consentirebbe agli Azure Agony di proporre qualcosa di veramente rivoluzionario. <
Articolo del
12/09/2010 -
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