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Erano vent’anni che aspettavo questo momento. Trovarsi di fronte alla biografia del “principe delle tenebre” per antonomasia non ha prezzo. Recensire questo libro scatena la stessa sensazione di quando prendi amfetamine e ti ostini stupidamente a cercare di combattere il loro effetto con il sonno. Impossibile! La veste grafica dell’edizione italiana di “Io Sono Ozzy” è molto semplice. L’ex singer dei, mitici, Black Sabbath appare in nero, con croce e tatuaggi sulle mani, l’indice puntato contro di noi, tipo zio Sam, come se ci volesse ricordare uno dei suo brani di “Ozzmosis” (I Want You). “Dicevano che non avrei mai scritto questo libro. Be’, che si fottano pure. Eccolo qui, il libro. Devo solo scavare fra i ricordi. Cazzate. Non mi ricordo niente. Bè, niente a parte questo” Dopo un incipit cosi come si fa a non amarlo istantaneamente? Quello che esce dalle righe di questa autobiografia è stordente, toccando queste pagine si rischia di sballare per osmosi vista la quantità, insostenibile per un essere umano, delle droghe elencate. Ciò che colpisce è che Ozzy Osbourne abbia ancora una quantità di ricordi cosi nitidi, visti i trascorsi i suoi neuroni dovrebbero essere in via di estinzione. Insinuarsi nei ricordi di quella materia gelatinosa che Ozzy definisce cervello è davvero esaltante. In questa biografia troverete tutto, si fa per dire, quello che avreste voluto sapere su una delle figure più imponenti dell’intero catalogo metal, aggettivo che a Ozzy e soci sabbatici, per loro stessa ammissione, non è mai andato a genio. Dai primi tentativi di furto al carcere, dai mattatoi all’annuncio per formare la sua prima band. Ozzy fa un lungo resoconto del piattume di una Birmingham industrializzata e tetra, segnalando i primi successi e le sconfitte, i black out dovuti alle sbronze colossali e le lotte intestine con le case discografiche e gli avvocati. La sua vita viene messa cosi a nudo, scorre fra giustificazioni per comportamenti non proprio encomiabili, e scuse più o meno dirette, ma inevitabilmente in ritardo. Più si va avanti però più questo amabile furbastro non fa altro che rafforzare la figura classica, e controversa, del rocker maledetto. La cosa divertente la premessa: le sue testimonianze potrebbero cozzare con quelle di molti altri, per la quantità di droghe mischiate negli anni, mandate giù con qualche buon bicchiere, o per meglio dire, bottiglia di qualunque cosa. Impagabile! Scindere Ozzy dalle droghe sarebbe come eliminare il sale dal mare, o allontanare Lemmy dalla bottiglia, una cosa impensabile!! Nel bene e nel male mr. Osbourne è stato legato indissolubilmente, e paranoicamente, a tutto ciò che durante la sua vita gli ha modificato quello stato di lucidità capace di procurargli un’insofferenza insopportabile. “Io Sono Ozzy” è una folle cavalcata, proprio come “Crazy Train”, attraverso quarant’anni di storia, guidata da un conduttore troppo pazzo, e senza patente, per tenere un passo costante e una linea retta. Il decapitatore di pipistrelli è la quint’essenza dell’eccesso in tutto e per tutto, vi ritroverete in mezzo all’ascesa dei Black Sabbath e il successivo split, tour stratosferici, risse, scopate con groupie impazzite, collassi, reunion al Live Aid, e una carriera solista che oggi in molti possono solo invidiare. Non mancano la fiction “The Osbournes”, la dislessia, l’ipocondria e il cancro della sua amata Sharon che Ozzy ama più di ogni altra cosa, e continua a ringraziare per averlo ripulito (?) e tenuto in vita. Senza di lei non ce l’avrebbe mai fatta. Come un attento ricercatore d’oro il protagonista passa al setaccio tutti i momenti più difficili della sua vita: dalla morte di Randhy Roads all’accusa di istigazione al suicidio, montata nel caso contro di lui per “Suicide Solution”, passando per il tentativo di aggressione alla stessa moglie e alla pisciata sulle mura di Alamo, costatagli diecimila dollari e scuse ufficiali. I morsi delle colombe e dei pipistrelli sono niente in confronto a ciò che troverete fra, e sopra, le righe di questo lavoro. Crudo e diretto, come un pugno di Alì, “Il Principe delle tenebre” prova a togliersi parecchi pesi dalla coscienza, e molti sassolini dalle scarpe. La sua stessa condizione di mito però non lo esime dall’essere il giudice più impietoso di sé stesso. Non ci sono moralismi o scuse che reggano di fronte a ciò che ha fatto a chi gli stava intorno. Proprio per questo motivo la sua figura fa quasi tenerezza e commuove in alcuni passaggi. In altri è cosi esilarante lo si può solo invidiare per tutto ciò che si è concesso e che noi non potremo assolutamente raggiungere. “Finished with my woman 'cause she couldn't help me with my mind, people think I'm insane because I am frowning all the time...can you help me occupy my brain?” Thank you madman!
Articolo del
27/04/2010 -
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