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“Non aspettatevi, da me, la verità su Tom Waits. Lo so che volete la verità, e non vi biasimo. La verità è graziosamente distesa sul suo letto girevole a forma di cuore, in una maglietta stagliuzzata dei Ramones. Ha l’alito che sa di latte e cioccolato e fa scorrere le dita su una pila di 45 giri di Sugarpie De Santo. Capisco il fascino, ma non ci si può avvicinare a "Swordfishtrombones" senza un’aria di impegnata dissimulazione. Se per esempio dovessi affermare che Tom Waits porta aratri al posto delle scarpe capireste che sto mentendo. Ma vi prometto di mentirvi con astuzia e ponderatezza. Tom mente con grande convinzione […] Non si spiega un album come "Swordfishtrombones": lo si porta in viaggio”.
L’incipit di questo intrigante libretto di David Smay, tredicesima uscita per la collana Tracks di NoReply, già basterebbe, forse, a spiegare tutto. Il bravo David Smay sceglie una strada obliqua per portarci al cuore di questo disco che forse non è il capolavoro di Waits (l’autore dice di preferire Rain Dogs), ma senz’altro è la pietra miliare che segna una decisa svolta nella sua discografia e un assoluto punto di riferimento nella musica degli ultimi 27 anni (già, il disco è del 1983). Smay ha molte buone ragioni per evitare un’analisi razionale ed obbiettiva. Primo, Waits ha una tendenza innata a confondere le acque: più le sue dichiarazioni si allontanano nel tempo dalla data di composizione e pubblicazione del disco, più contraddicono quelle originariamente rilasciate: dove sta la verità? Secondo, Waits crea un mondo fatto di suggestioni sfuggenti, fatto di “metafore che inghiottiscono intere canzoni, e lui piega lo spazio negativo fra quel che viene detto e il sottinteso”, con “un colpo di mano che crea un autentico mistero”. Un mistero che non possiede chiavi e serrature, procedimenti esoterici, ma presenta interstizi e distorsioni spazio-temporali in cui si può entrare solo accumulando altre suggestioni. Quello di Waits è un mondo felliniano, una festa grottesca che si può osservare solo partecipandovi e travestendosi a propria volta.
Così, attraverso derive, alternando racconti fantasiosi su Waits (eccezionale l’incontro con lo spaventapasseri) che spiegano il mondo di Tom più di mille analisi a dettagliate informazioni collaterali (l’influenza che hanno avuto sulla svolta di Waits la no wave, il lavoro con Coppola per One From The Heart, le sue vicissitudini amorose), passando attraverso ricerche lessicali, svoltando per interviste con fotografi, incrociando paragoni con gli altri due album della pretesa trilogia di Frank, i film di Waits, gli album dal vivo le colonne sonore, Smay compone un libro bello e appassionante, capace di intrigare anche chi non è fan di Waits. Conclude, sullo stesso stampo, una bella postfazione di Dente. Che oltre al talento musicale esibisce anche quello letterario. Bravi tutti.
Articolo del
19/05/2010 -
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